Droga nel blitz “Smart working”, condanne per Scicolone e Tumminelli: assolta Ferrigno, altri a giudizio

 
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Gela. Lo spaccio di droga in città, anche durante il periodo del lockdown, aveva due basi principali, le abitazioni di Francesco Scicolone e Giacomo Tumminelli. Sono le figure di riferimento nell’inchiesta “Smart working”. Il gup del tribunale ha concluso il giudizio abbreviato, richiesto dalle difese, con la condanna a otto anni e sei mesi per Scicolone, con il riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti. Per lui, è venuto meno un capo di imputazione. La procura, attraverso il pm Luigi Lo Valvo, aveva chiesto la condanna a dodici anni. Scicolone è rappresentato dal legale Rosario Prudenti. Erano centinaia gli episodi di spaccio che gli venivano contestati. Sei anni e nove mesi, invece, per Tumminelli (difeso dal legale Davide Limoncello), indicando la continuazione con precedenti condanne. Quattro anni e otto mesi per Salvatore Azzarelli, a sua volta coinvolto nell’inchiesta antidroga. Hanno patteggiato sia Giovanni Bonelli, a tre anni e gli arresti domiciliari, sia Marco Ferrigno, difeso dal legale Cristina Alfieri, con la pena a quattro anni. Ha definito la sua posizione con il patteggiamento, ancora, Anna Maganuco.

Il gup Pulvirenti ha deciso l’assoluzione per la moglie di Scicolone, Emanuela Desireè Ferrigno. “Il fatto non sussiste”, questa la formula. La difesa, attraverso il legale Rosario Prudenti, non ha optato per riti alternativi. Ha escluso un coinvolgimento della donna nel giro di droga ricostruito dagli inquirenti. Vanno a giudizio, infine, non avendo scelto altri riti, Giuseppe Schembri, Antonino Seca Curvà e Giovanni Simone Alario. Tra i difensori degli imputati, ci sono gli avvocati Flavio Sinatra, Nicoletta Cauchi, Francesco Enia e Giusy Cauchi.

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