Dieci anni fa l’omicidio Sequino, in appello perito conferma: “Nelle intercettazioni nessun riferimento”

 
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Sequino fu colpito a morte in pieno centro storico

Gela. Non ci sono riscontri fonici che possano rimandare a frasi sull’azione costata la vita al tassista Domenico Sequino, ucciso in pieno centro storico ormai dieci anni fa. Lo ha confermato, questa mattina, il perito che è stato nominato dai giudici della Corte d’assise d’appello di Caltanissetta per una nuova verifica tecnica su alcune intercettazioni. Vennero captati dialoghi tra Nicola Liardo, allora detenuto, e alcuni familiari. Per l’accusa, ci sarebbe stato il riferimento all’omicidio, del quale sono accusati lo stesso Liardo, il figlio Giuseppe Liardo e Salvatore Raniolo. In base alle contestazioni, ad ucciderlo, sparandogli alle spalle diversi colpi di pistola, sarebbe stato Raniolo, dopo aver concordato con i Liardo. Per il perito, così come già indicato in primo grado da altri esperti nominati dalla Corte, non ci sono tracce foniche che possano riportare all’omicidio. La procura generale ha però chiesto di ascoltare in aula, nel contraddittorio delle parti, alcuni stralci delle intercettazioni. E’ un’attività che verrà svolta nel corso della prossima udienza, anche attraverso l’esame di un consulente di parte. Gli imputati hanno sempre negato un coinvolgimento. Nonostante la richiesta di condanna all’ergastolo, avanzata dai pm della Dda di Caltanissetta, in primo grado la Corte d’assise nissena ha deciso per l’assoluzione, accogliendo la linea dei difensori degli imputati, gli avvocati Giacomo Ventura, Davide Limoncello, Flavio Sinatra e Antonio Gagliano.

La famiglia Sequino continua a seguire il procedimento, come parte civile, assistita dall’avvocato Salvo Macrì. In aula, per le nuove attività tecniche, si tornerà a fine marzo. Fu la procura a impugnare la sentenza di assoluzione, ritenendo che ci siano gli estremi per individuare un coinvolgimento dei tre imputati. Secondo gli inquirenti, Sequino sarebbe stato ucciso per un debito in denaro contratto con Nicola Liardo. Tesi che la difesa respinge mentre gli imputati hanno più volte sostenuto di non aver mai avuto motivi di astio verso la vittima.

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