Gela. A mezzogiorno in punto, a bordo di un pulmino da 15 posti, una delegazione del Comitato per lo Sviluppo dell’area gelese si è presentato davanti la sede dell’assemblea regionale.
L’ufficiale giudiziario ha consegnato formalmente la diffida per sollecitare la discussione in aula del disegno di legge popolare per l’istituzione della provincia di Gela. Sono trascorsi quasi 400 giorni da quando il ddl popolare sostenuto da 18.680 firme è approdato alla Prima Commissione legislativa “Affari istituzionali” per l’esame di competenza. Qualora la commissione legislativa competente per materia non si sia pronunciata entro 6 mesi su un disegno di legge di iniziativa popolare, questo viene iscritto d’ufficio al primo punto dell’ordine del giorno della prima seduta dell’assemblea. «Siamo di fronte ad una grave violazione di legge da parte di chi quella stessa legge l’ha redatta, votata ed approvata», ha detto l’avvocato Carmelo Giurdanella, il legale al quale il Comitato e le 41 associazioni che lo compongono hanno dato mandato per far valere i propri diritti – l’Ars continua ad ignorare una straordinaria iniziativa popolare, un esempio reale di democrazia partecipata, mostrandosi ancora una volta come un arrogante legislatore rinchiuso nel suo palazzo e irrispettoso delle sue stessi leggi».
L’Ars avrà 30 giorni di tempo. «Scaduto il termine non esiteremo ad adire il giudice affinché ponga termine a questo paradosso giuridico» – conclude l’avvocato Giurdanella. «L’eventuale istituzione della Provincia Regionale di Gela – spiega il presidente del comitato Filippo Franzone – non ha nessuna maggiore uscita o minore entrata per le casse della Regione, in quanto le somme vengono ripartite con le altre province esistenti. Di pazienza ne abbiamo avuta sin troppa. Abbiamo atteso la votazione del bilancio, poi ci è stato detto che c’era la pausa estiva, abbiamo pazientemente atteso, poi ci è stato detto che immancabilmente entro settembre, la proposta sarebbe inserita per il voto in aula, ed abbiamo ancora atteso. Basta! La pazienza dei cittadini ha pure un limite, del resto siamo cittadini, mica sudditi».