Gela. Due anni fa, i giudici della Corte d’appello di Caltanissetta chiusero il procedimento principale scaturito dalla maxi inchiesta sul fallimento del consorzio Conapro, in passato tra quelli principali dell’indotto della raffineria Eni (poi escluso a seguito di un’interdittiva antimafia). Per i tredici imputati fu accertata la prescrizione. In primo grado, c’erano state condanne. La Corte di Cassazione, invece, ha pubblicato le motivazioni della decisione emessa rispetto alla posizione di uno dei coinvolti in quell’inchiesta, il sessantaduenne Orazio Caiola. Per gli inquirenti, sarebbe stato ai vertici dell’allora consorzio. Anche nei suoi confronti, due anni fa, in appello, venne dichiarata la prescrizione. La difesa, sostenuta dall’avvocato Fabrizio Ferrara, si è rivolta proprio ai giudici romani, ritenendo che la decisione d’appello andasse annullata anche rispetto agli effetti civili, per i risarcimenti. Il ricorso è stato accolto, con il rinvio “al giudice civile competente per valore in grado di appello”. In base all’azione proposta, la Corte d’appello, accertando la prescrizione, si sarebbe dovuta comunque pronunciare sugli effetti civilistici, finalizzati ai risarcimenti, “non essendo sufficiente, ai fini della conferma della condanna al risarcimento del danno, dare atto della insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen”. Il legale di Caiola, così, si è rivolto ai magistrati romani.
La procura generale ha chiesto l’annullamento senza rinvio e la trasmissione alla Corte d’appello di Caltanissetta in sede civile. Al ricorso si è opposto il legale di parte civile, l’avvocato Giovanna Zappulla, nell’interesse del fallimento Conapro.