Gela. Vennero captate diverse conversazioni e intercettati anche colloqui che ebbe in carcere, dopo l’arresto. Gli investigatori hanno utilizzato pure questi elementi per definire le contestazioni che hanno portato a processo Valerio Caiola, accusato di tentato omicidio per aver sparato contro un’automobile, a bordo della quale ci sarebbero stati alcuni suoi conoscenti, con i quali però i conflitti pare fossero costanti, per questioni di possedimenti terrieri e confini. Caiola, assistito dai legali Filippo Spina e Marco Granvillano, ne risponde davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Martina Scuderoni ed Eva Nicastro). E’ stato affidato un incarico peritale a tre esperti che si occuperanno di trascrivere una notevole mole di intercettazioni. Secondo i poliziotti che hanno condotto le indagini, coordinati dai pm della procura, nonostante l’arresto e la detenzione l’imputato avrebbe mantenuto intatta la volontà di vendicarsi dei rivali.
I colpi di pistola furono esplosi in una zona rurale e successivamente l’arma è stata ritrovata, nel corso di un’attività di indagine integrativa. Chi venne preso di mira ha scelto di costituirsi parte civile, con l’avvocato Giuseppe Fiorenza. Secondo la procura, Caiola voleva uccidere. Nel corso dell’interrogatorio, successivo all’arresto, il trentanovenne spiegò invece di essersi difeso al culmine di aggressioni subite dai rivali. Altri procedimenti penali sono in essere proprio rispetto ai dissidi maturati nel tempo.