Gela. Un ex operaio dell’indotto Eni, ancora oggi, convive con le conseguenze della probabile esposizione ad amianto, con ispessimento pleurico riscontrato dagli accertamenti sanitari. Conseguenze che però, anche da un punto di vista medico, non sono state ritenute così pesanti da incidere sulla sua complessiva tenuta fisica e di vita. A seguito del suo caso, scattò un’indagine che ha portato a processo quattro ex rappresentanti di cooperative dell’indotto, per le quali lavorò proprio l’operaio. I quattro imputati sono stati assolti. La decisione del giudice Miriam D’Amore è arrivata dopo la richiesta di assoluzione formulata anche dal pm Pamela Cellura, che sulla scorta delle conclusioni mediche, ha escluso che le conseguenze patite dal lavoratore possano configurare l’ipotesi di lesioni contestate agli imputati. La decisione favorevole è stata pronunciata nei confronti di Alessandro Bronte, Giuseppe Emmanuello, Vittorio Catalano e Cataldo Pignato. Erano ai vertici delle coop per le quali lavorò l’operaio.
Le difese, sostenute dagli avvocati Concetta Di Stefano, Angelo Urrico e Ignazio Emmolo, hanno confermato l’assenza di un qualsiasi collegamento tra le conseguenze subite dall’operaio e il ruolo rivestito dagli imputati. Gli stessi legali, richiamando le conclusioni mediche, hanno ribadito che quel tipo di ispessimento pleurico non possa essere individuato come vera e propria patologia. Tutti elementi che hanno portato all’assoluzione.