Gela. La condanna a quattro anni e quattro mesi di reclusione va confermata. La richiesta, questa mattina, è stata avanzata dalla procura generale nel giudizio di appello, nel quale è imputato Salvatore Rinella. Il giovane è già stato condannato dal gup del tribunale di Gela, in abbreviato, per il duplice omicidio stradale di Nuccia Vullo e della piccola figlia Ludovica Caracappa, travolte e uccise lungo un tratto di via Venezia. Alla guida della vettura che le investì c’era Rinella, che è anche accusato di omissione di soccorso. Subito dopo l’impatto, si allontanò a bordo della vettura, ma si presentò alla caserma dei carabinieri di via Venezia. Davanti ai giudici della Corte d’appello di Caltanissetta, come chiesto dal suo legale di fiducia, l’avvocato Salvatore Incardona, Rinella ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee. Ha chiesto scusa alla famiglia delle vittime, sostenendo che dalla notte dell’incidente tutto per lui è cambiato e ancora oggi fa i conti con le conseguenze psichiche di quanto accaduto. Ha ripetuto di aver sbagliato e di essere profondamente dispiaciuto. In aula, come sempre nel corso del procedimento, sia in primo che in secondo grado, c’era Luigi Caracappa, padre di Ludovica e marito di Nuccia Vullo.
Più volte, anche pubblicamente, ha raccontato che quelle perdite hanno lasciato un drammatico vuoto nella sua esistenza e in quella dell’altra figlia. Uno shock impossibile da superare. Caracappa, ma anche i genitori di Nuccia Vullo, sono parti civili nel giudizio, assistiti dagli avvocati Riccardo Balsamo, Gaetano Purpura, Seba Virga e Gionata Virga. Per mamma e figlia, che erano appena uscite da un locale della zona, non ci fu nulla da fare e anche i soccorsi non riuscirono a salvargli la vita. Le ferite si rivelarono troppo gravi. Nel corso della prossima udienza, fissata per aprile, toccherà al difensore dell’imputato e ai legali di parte civile esporre le rispettive conclusioni. I magistrati di appello potrebbero pronunciarsi già al termine di quell’udienza.
4 anni… Per duplice omicidio? Non ho parole da marito e da padre. Quella povera donna è quell’angioletto non torneranno mai più tra noi. Ma che giustizia è questa?