“Camaleonte”, parla Vizzini: “Non ci furono soldi dei Rinzivillo ai Luca, nessun traffico di droga”

 
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Gela. “Non mi risulta che ci fu un miliardo di lire affidato ai Luca né che ci fosse un traffico di droga attraverso auto dalla Lombardia. Lo escludo”. Rosario Vizzini, già a capo della cellula di Cosa nostra gelese nel varesotto, ha risposto alle domande nel corso del dibattimento scaturito dall’inchiesta “Camaleonte”. L’indagine si concentro’ intorno al gruppo imprenditoriale della famiglia Luca. L’ipotesi accusatoria fa riferimento a presunte connessioni tra gli imprenditori ed esponenti della criminalità organizzata. “Franco Luca lo conosco da sempre – ha detto Vizzini – lavorava nell’edilizia con la sua società. L’ho sempre conosciuto come un lavoratore e un imprenditore. Non mi risulta che i Rinzivillo abbiano investito nella sua azienda. Io non ho mai dato soldi a Franco Luca, anzi glieli toglievamo. Sono stato condannato per le estorsioni a suo danno”. Per i difensori di tutti gli imputati, non ci fu mai alcun legame tra gli imprenditori, impegnati nel settore della vendita di auto ma anche nelle costruzioni e nella dimensione immobiliare, e i clan, né in città né in Lombardia. “All’epoca io avevo il monopolio del traffico di droga – ha aggiunto il collaboratore in videocollegamento – se ci fosse stato qualcosa con i Luca l’avrei saputo sicuramente”. Vizzini ha fornito una versione del tutto differente da quella emersa dalle dichiarazioni di un imprenditore vicino a Cosa nostra, Angelo Bernascone. “A noi, Bernascone serviva solo per fare soldi visto che aveva un’azienda metalmeccanica – ha detto ancora il collaboratore – l’abbiamo spremuto. A livello criminale non era buono neanche a rubare un centesimo. In quel periodo, ero io il capo”. Ha inoltre sottolineato che aveva messo in progetto di uccidere proprio Bernascone che intanto avrebbe cercato di screditarlo agli occhi dei fratelli Rinzivillo. Arrivò però la decisione di collaborare con la giustizia.

Sono a giudizio Salvatore Luca, Rocco Luca, Francesco Luca, Francesco Gallo, Concetta Lo Nigro, Emanuela Lo Nigro, Maria Assunta Luca, oltre ai due poliziotti Giovanni Giudice e Giovanni Arrogante (accusati di aver favorito gli imprenditori sono difesi dai legali Giacomo Ventura, Michele Ambra, Emilio Arrogante e Marina Giudice). Altri collaboratori di giustizia verranno sentiti nel corso delle prossime udienze. I Luca e i loro legali, già in fase di indagine, hanno insistito sul fatto che le attività economiche erano finite nel mirino dei clan. Si sono detti vittime delle imposizioni che denunciarono. Vizzini, nel corso dell’esame testimoniale, ha ricordato che “anche Emanuele Luca era vittima di estorsione”. “Inizialmente – ha precisato – lavorava insieme al fratello Francesco”. Gli imputati sono rappresentati dai legali Carlo Taormina, Antonio Gagliano, Filippo Spina, Flavio Sinatra, Carmelo Peluso, Luigi Latino, Fabio Fargetta e Alessandro Diddi.

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