Caltaqua contro Consorzio “Piana Marina”, reclamo respinto: “Non c’è danno per azienda”

 
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Gela. Non c’è il pericolo di un “pregiudizio imminente e irreparabile” per Caltaqua. Così, hanno deciso i giudici civili del tribunale, sul reclamo che è stato presentato dai legali dell’azienda. L’azione è stata respinta. La società italo-spagnola, che in città gestisce il servizio idrico integrato, ritiene di aver subito un danno economico, causato dal Consorzio “Piana Marina”. Il credito non coperto dal consorzio, secondo Caltaqua, si aggira intorno ai 156 mila euro. I manager dell’azienda si sono rivolti ai giudici per ottenere anche il distacco dell’utenza intestata al consorzio. Tra gli altri aspetti, per Caltaqua il Consorzio “Piana Marina”, sfruttando quell’utenza, con un costo agevolato, rifornirebbe diversi utenti, a Manfria e nelle aree limitrofe, violando la disciplina in materia e senza controlli preventivi sulle abitazioni coperte dal servizio. Il consorzio, per il tramite dei legali Salvatore Raiti, Simonetta Raniolo e Stefano Mudanò, si è opposto all’azione di Caltaqua. Il tribunale civile aveva già respinto un primo ricorso, presentato dall’azienda. Caltaqua ha agito con un reclamo e il collegio del tribunale civile ha però escluso la sussistenza del periculum in mora. “Gli argomenti spesi, tuttavia, si appalesano generici e, quindi, del tutto inidonei alla rappresentazione di un pericolo concreto nel senso indicato. In altri termini, la reclamante avrebbe dovuto evidenziare, se del caso ricorrendo anche alla rappresentazione dei correlati dati contabili, il prevedibile incremento del debito della controparte collegato ai tempi presumibilmente occorrenti per ottenere tutela in via ordinaria e l’incidenza di tale debito sulla gestione del servizio idrico ad essa affidata; ciò al fine di evidenziare il presunto pregiudizio dovuto ad una possibile compromissione dell’assetto della società e le ricadute prevedibili sulla gestione del servizio in concessione. A tal proposito, la circostanza che sulla base di una quantificazione dei consumi sia stata richiesta, in separato procedimento, tutela monitoria, induce a ritenere possibile analoga quantificazione per il futuro”, scrive nelle motivazioni il collegio presieduto dal giudice Maria Rosaria Carlà. Come hanno fatto notare i legali del Consorzio “Piana Marina”, Caltaqua ha già attivato un’altra azione, per il tramite di decreti ingiuntivi, ancora in corso. Anche quest’aspetto ha inciso sulla decisione.

“Non appare invece conferente il richiamo di un possibile danno da sovraccarico nella produzione incontrollata di reflui e la prospettazione del pericolo che la fornitura idrica vada a beneficio di utenti per i quali lo schermo del Consorzio impedisca il controllo sul rispetto delle prescrizioni relative al possesso di autorizzazioni edilizie e sanitarie, non essendo apprezzabile, prima facie – si legge ancora nella motivazioni – l’interesse e la legittimazione della società rispetto alla materia del controllo sul territorio e della prevenzione e repressione di condotte tali da determinare il pericolo del paventato grave danno ambientale. Quanto all’uso indebito dell’utenza intestata al Consorzio per l’approvvigionamento di un numero notevole di utenti finali e al danno che la società reclamante desume dall’applicazione indiscriminata a soggetti privati della tariffa praticata per gli Enti pubblici, va evidenziato che il lamentato pregiudizio ha origine dalle sette condizioni contrattuali agevolate riservate da Caltaqua al Consorzio “Piana Marina”, nonostante la società somministrante abbia poi contestato l’uso indebito del punto di prelievo ad esso intestato”. I legali di Caltaqua, motivando il reclamo presentato, hanno spiegato, in più passaggi, che l’azienda non starebbe ricevendo, almeno da quattro anni, le somme che dovrebbero arrivare dalla riscossione dei canoni dei consorziati, affidata ad una società privata. Per i giudici, però, sono tutti elementi che non incidono sull’effettiva tenuta economica dell’azienda. Il collegio, non riconoscendo il periculum in mora per Caltaqua, ha escluso la sussistenza dei presupposti per accertare un eventuale fumus boni iuris. La società italo-spagnola è stata condanna anche al pagamento delle spese del giudizio.

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