"Caiola sparò per uccidere", chiesti tredici anni per il triplice tentato omicidio

Versioni diametralmente opposte, quelle fornite da accusa e difesa. La decisione arriverà a giugno e spetterà al collegio penale del tribunale

22 maggio 2025 20:08
"Caiola sparò per uccidere", chiesti tredici anni per il triplice tentato omicidio  - Immagine di repertorio
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Gela.  Per la procura, come ha spiegato nella sua requisitoria il pm Luigi Lo Valvo, ci furono “premeditazione e futili motivi”. Il quarantenne Valerio Caiola, attualmente detenuto per questi fatti, sparò contro un'auto con a bordo tre persone: l'accusa ha confermato le contestazioni di triplice tentato omicidio e di ricettazione, dato che la pistola usata per esplodere i colpi risultò rubata. Fu proprio Caiola a farla ritrovare. E' stata chiesta la condanna a tredici anni di detenzione. I fatti si verificarono in un'area rurale, nella zona di contrada Mignechi. Secondo la ricostruzione d'accusa, l'imputato voleva uccidere. I rapporti tra il quarantenne e le altre persone coinvolte erano molto tesi da tempo. Rivalità e dissidi su terreni agricoli avrebbero fatto da preambolo a quanto accaduto. Secondo il pm, Caiola sparò contro la vettura, proprio per colpire chi era all'interno. L'imputato ha sempre escluso che i tre, con i quali ci sono rapporti di parentela, fossero in auto. Nel corso del giudizio, ha sottolineato di aver sparato all'auto, per intimidire i rivali che erano lontani da quel punto. Si disse stanco di sopportare vessazioni e aggressioni. I parenti, secondo la sua versione, gli avrebbero sottratto terreni e causato danni. Nella requisitoria, il pm ha voluto far rilevare che la vicenda “non ha né buoni né cattivi”. Ci sarebbero state azioni reciproche di danneggiamento. Per la condanna ha concluso la parte civile, in rappresentanza dei parenti dell'imputato, assistiti dal legale Giuseppe Fiorenza. Le difese, con gli avvocati Filippo Spina e Marco Granvillano, hanno invece posto una ricostruzione del tutto differente, senza negare che a sparare fu Caiola ma ribadendo che lo fece solo contro la vettura, nella quale non c'erano i tre. I legali hanno analizzato la versione resa dalle parti civili, ritenendola spesso in contrasto con quanto emerso in dibattimento. Escludono la sussistenza dei presupposti del tentato omicidio e lo hanno indicato nelle loro conclusioni. Caiola venne arrestato dai poliziotti, intanto intervenuti sul posto dopo la segnalazione dell'accaduto. Si consegnò alle forze dell'ordine. I legali che lo assistono hanno voluto porre l'accento sulle denunce presentate dall'imputato contro i parenti, proprio a seguito dei danneggiamenti subiti nella sua proprietà agricola. Per l'accusa, invece, anche le parti civili furono destinatarie di azioni a danno della loro proprietà. Versioni diametralmente opposte, quelle fornite da accusa e difesa. La decisione arriverà a giugno e spetterà al collegio penale del tribunale presieduto dal giudice Miriam D'Amore (a latere Eva Nicastro e Martina Scuderoni). 

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