Gela. Almeno centocinquanta, tra metalmeccanici ed elettrostrumentali. Fino a qualche anno fa, lavoravano stabilmente nell’indotto della fabbrica Eni, adesso si muovono
in continuazione pur di sbarcare il lunario.
“Nessun sostegno da Eni”. Priolo, Milazzo, Livorno ma anche la Malesia e il Kazakistan. Gli ex operai dell’indotto, rimasti fuori dal ciclo produttivo dopo l’avvio della fase di riconversione della raffineria di contrada Piana del Signore, vengono impiegati da altre aziende senza alcun tipo di intervento da parte di Eni. “In realtà – spiega il segretario provinciale della Fim Cisl Angelo Sardella – l’intesa che prevedeva la possibilità che fosse Eni ad utilizzare i lavoratori dell’indotto nei propri cantieri, anche all’estero, non si è mai concretizzato. Da quanto ci risulta, sono soltanto una decina gli operai dell’indotto che hanno trovato collocazione attraverso agenzie interinali che hanno rapporti con Eni. Per il resto, invece, si tratta di lavoratori che, di propria iniziativa, cercano contatti per periodi di lavoro a tempo determinato in diversi siti, sia in Italia che all’estero. Riescono a lavorare perchè dispongono di elevata professionalità. Ovviamente, si trovano anche a dover fronteggiare la concorrenza della manodopera locale. Quando il lavoro c’è per tutti, allora non ci sono particolari problemi. In caso contrario, invece, si cerca sempre di tutelare i lavoratori locali”. Intanto, proprio le segreterie provinciali di Fiom, Fim e Uilm chiedono chiarezza rispetto al possibile avvio dei lavori per la piattaforma Prezioso K, prevista nel protocollo di intesa del novembre di due anni fa. Stando allo stesso Sardella e ai segretari Orazio Gauci e Nicola Calabrese, proprio le attività per la costruzione della piattaforma potrebbero garantire un limitato sollievo all’indotto Eni che, invece, sembra quasi del tutto tagliato fuori dal progetto di green refinery.