Gela. La decisione del gup del tribunale di Brescia arriverà tra due settimane. Sono sei le condanne che l’antimafia ha chiesto nei confronti di altrettanti imputati, nel giudizio abbreviato scattato a seguito della maxi inchiesta “Leonessa”. Diversi gelesi, ritenuti vicini al gruppo stiddaro, sarebbero riusciti a muoversi nell’area bresciana, nell’interesse dell’organizzazione e sfruttando gli introiti di un vasto sistema di compensazioni illecite. Ieri mattina, dopo le richieste che erano già state formalizzate dal pm Paolo Savio, le difese dei sei imputati hanno concluso, escludendo il coinvolgimento nella struttura criminale, invece individuata dagli investigatori. Hanno scelto il giudizio abbreviato i gelesi Roberto Raniolo, Giuseppe Tallarita e Giuseppe Nastasi e ancora Francesco Scopece, Salvatore Sambito e Luca Verza. I loro legali hanno ripercorso le contestazioni avanzate dall’antimafia bresciana, ribadendo che gli imputati non avrebbero fatto parte di nessun gruppo criminale. In base a quanto ricostruito dagli inquirenti, il punto di riferimento in Lombardia sarebbe stato il consulente trentaquattrenne Rosario Marchese (a processo per questi fatti).
Con un giro sempre più esteso di compensazioni illecite e di “clienti” interessati ad usufruirne, gli introiti sarebbero stati elevati, così da finanziare l’organizzazione, che comunque avrebbe esportato nel bresciano i metodi tipici dell’azione mafiosa, dai danneggiamenti alle imposizioni. Nell’indagine “Leonessa”, sono oltre cento i coinvolti, compresi professionisti e imprenditori del nord Italia.