Gela. Non avrebbe nulla a che fare con la famiglia Rinzivillo e con le accuse mosse dai magistrati della procura nell’ambito dell’operazione “Affari di famiglia”, eseguita dagli agenti di polizia del commissariato.
In questo modo, si è difeso il ventiduenne Alessandro Di Fede, attualmente agli arresti domiciliari.
“Del motorino che sarebbe stato estorto – ha detto davanti al gip Fabrizio Molinari – non so nulla. Quando venne bruciato, mi trovavo dalle forze dell’ordine perché ero sottoposto all’obbligo di firma”.
Il giovane ha risposto alle contestazioni insieme al suo legale Salvo Macrì.