Butera. Il suo esame, davanti al collegio penale del tribunale di Gela, proseguirà nel corso della prossima udienza. L’ex sindaco di Butera, Filippo Balbo, attuale consigliere comunale d’opposizione alla giunta Zuccalà, ha respinto l’accusa di aver fatto pressioni sui responsabili della Cta del gruppo imprenditoriale “Xenia Salus”. E’ a processo per rispondere a queste contestazioni mentre i vertici della struttura sanitaria, che ospita pazienti con disabilità mentali, sono parti civili, assistiti dal legale Lillo Fiorello. Rispondendo alle domande del pm Mario Calabrese, dello stesso legale di parte civile e del difensore, l’avvocato Antonio Gagliano, ha ricostruito fatti non in linea con quanto indicato dall’accusa. “Non mi sono mai interessato del personale della Cta né ho mai detto che la società che la gestisce se ne sarebbe dovuta andare. Con uno dei responsabili inizialmente c’era un rapporto di conoscenza – ha riferito – alla festa nella struttura, nel 2017, non me ne sono andato inveendo. Ricordo, invece, che quando arrivai mi fu riferito che se non avessi riconosciuto lo scomputo di una certa somma per la struttura, il gruppo se ne sarebbe andato. Lo ritenni fuori luogo e lasciai la festa in punta di piedi”. In base alle contestazioni, invece, l’ex sindaco avrebbe agito con l’intenzione di impedire che la gestione della società potesse proseguire. Gli imprenditori che ebbero incontri con lui e con il segretario generale di allora, registrarono diverse conversazioni, poi confluite nel materiale di indagine. Segnalarono pressioni e richieste per collocare personale. Gli approfondimenti investigativi vennero condotti dai carabinieri. Dalle risultanze degli inquirenti, si ritiene che Balbo abbia tentato di far licenziare un operatore o comunque di farlo trasferire in un’altra struttura del gruppo. Stando alle contestazioni, pare si fosse rifiutato di sottoscrivere la sua lista elettorale. “Non è assolutamente vero – ha continuato questa mattina l’imputato – dissi solo che la sua reazione mi sembrò scomposta e offensiva. Non ho mai chiesto di licenziarlo o di farlo trasferire. Non mi occupo del personale della Cta”. Ha escluso inoltre di aver preteso che i referenti della struttura aumentassero il monte ore di una delle specialiste che lavorava nei servizi forniti dalla comunità terapeutica assistita. “Cercai solo di capire se ci fosse la possibilità di andarle incontro, anche come gesto di distensione – ha continuato – mi sentivo quasi in colpa. Veniva messa da parte perché non aveva firmato delle relazioni contro di me. Parlai solo di questo”.
Per gli inquirenti, ci sarebbe sempre stata la sua volontà volta a fare in modo che la società perdesse la disponibilità dell’immobile. “Non fu la mia giunta a decidere che l’immobile della Cta dovesse essere inserito nel piano delle alienazioni – ha detto inoltre – la decisione venne adottata dal consiglio. Peraltro, anche la nuova giunta prevede che l’immobile sia ricompreso nel piano delle alienazioni. In quel periodo, dovevamo rispondere alle richieste di correttivi che provenivano dalla Corte dei Conti”. Infine, ha richiamato la visita che nel 2017, a pochi giorni dalle urne per le regionali, l’allora parlamentare Ars del Pd Giuseppe Arancio fece proprio nella Cta. “Lo venni a sapere e chiesi spiegazioni perché non mi sembrò corretto, soprattutto a ridosso delle regionali. Ho sempre ritenuto che la Cta dovesse rimanere lontana dalla politica, soprattutto perché è accreditata”, ha concluso. Dopo la denuncia degli imprenditori, partirono gli approfondimenti degli investigatori sull’ipotesi di una tentata concussione, addebitata all’ex sindaco.