Gela. Di punto in bianco, nell’arco di appena un mese, due anni fa l’azienda venne inserita nella “black list”, con la segnalazione dello stato di sofferenza e il blocco di tutte le linee di credito. Un importante gruppo locale, attivo nel settore agroalimentare e ortofrutticolo, fu messo praticamente alla berlina da un istituto di credito locale. Per poche migliaia di euro, l’azienda, con un patrimonio non inferiore ai cinque milioni di euro, è stata vicina al tracollo, nonostante abbia continuato a lavorare regolarmente, con tutti i clienti, a cominciare da società leader della grande distribuzione organizzata. Quella segnalazione dello stato di sofferenza è stata impugnata dal legale che rappresenta gli imprenditori, l’avvocato Francesco Giocolano. Un ricorso d’urgenza per ottenere lo sblocco. Il giudice civile del tribunale ha però respinto la prima azione, mantenendo sostanzialmente immutata la situazione, con l’azienda seriamente messa a rischio. Negli scorsi giorni, c’è stata una svolta. Il collegio ha accolto l’impugnazione avanzata dal legale, ribaltando la decisione di primo grado. Quella iscrizione nello stato di sofferenza fu illegittima. Dovrà da subito essere revocata, con la riattivazione di tutte le linee di credito, che erano state bloccate anche da altre banche. Il legale ha richiamato non solo la giurisprudenza della Cassazione, ma anche una circolare della Banca d’Italia, che pone precisi parametri in materia. “Prima dell’iscrizione nello stato di sofferenza – spiega il legale dell’azienda – va valutato attentamente l’intero complesso patrimoniale e delle attività svolte. L’azienda era, è e continuerà ad essere in piena attività. Un’azienda sana, con un complesso patrimoniale consistente. Per questo motivo, ho anche prodotto la lista dei movimenti. In tutto il periodo successivo all’iscrizione, ha sempre lavorato regolarmente. Quella difficoltà che ha allarmato la banca, non era strutturale, ma solo ciclica. In questo comparto, le aziende, anche le più grandi, incassano solo da novembre in poi, perché il periodo restante è dedicato al pre-raccolto e a tutte le fasi preliminari alla produzione dei prodotti agricoli”. Per il legale, quello che è accaduto all’azienda è un segnale preoccupante per l’intero sistema economico locale.
“In un territorio, già in crisi come questo – conclude – bisognerebbe andare incontro alle esigenze delle aziende sane, che assicurano occupazione. Invece, nel settore agroalimentare e agricolo, le aziende devono fare i conti con la concorrenza dei prodotti esteri e, purtroppo, anche con gli istituti di credito, che non sempre tutelano i bisogni delle attività aziendali. Serve un miglioramento dell’intero sistema. Quest’azienda ha avuto la possibilità, anche finanziaria, per continuare nonostante le enormi difficoltà createle. Altre, probabilmente, sarebbero fallite”.