Gela. L’ex assessore gelese Calogero Attardi, anche durante la campagna elettorale del 2017, avrebbe promesso lavoro in cambio di voti. L’ha spiegato uno dei poliziotti niscemesi che ha seguito per intero l’inchiesta “Polis”, che ha consentito agli investigatori di fare luce su un presunto patto politico-mafioso che avrebbe inquinato il voto del 2012, favorendo la vittoria della coalizione a sostegno dell’ex primo cittadino Francesco La Rosa. “L’avvocato Conti, incontrandomi in tribunale a Caltagirone, dove ero stato trasferito – ha detto il poliziotto davanti al collegio penale del tribunale presieduto dal giudice Miriam D’Amore – mi spiegò che Attardi, anche se non si candidò alle amministrative, continuava a promettere lavoro nell’azienda riconducibile al padre. Attardi appoggiò la candidatura di Daniele Cona e mirava però alle regionali”. Conti vinse le amministrative ed è l’attuale sindaco di Niscemi. Dopo l’inchiesta, a processo sono finiti lo stesso Calogero Attardi, il padre Giuseppe, Francesco La Rosa, Salvatore Mangione, Giuseppe Mangione, Francesco Alesci, Francesco Spatola. L’ex assessore Attardi, che fu il consigliere più votato al termine dello spoglio elettorale, sarebbe arrivato a Niscemi anche a seguito della relazione sentimentale intrattenuta con la figlia di Salvatore Mangione. “Riteniamo che Attardi – ha spiegato ancora il poliziotto – comunque sapesse chi fosse Giancarlo Giugno”. Per i pm della Dda di Caltanissetta, in aula con il magistrato Luigi Leghissa, proprio il boss Giancarlo Giugno (a sua volta a processo per gli stessi fatti) avrebbe fatto da garante al presunto patto tra mafia e politica. Sia il poliziotto che un funzionario della squadra mobile di Caltanissetta sono ritornati sulle strategie dei gruppi di cosa nostra lungo l’asse Gela-Niscemi. Sono stati ricostruiti diversi incontri tra lo stesso Giugno e il boss gelese Alessandro Barberi, fortemente radicato a Niscemi a seguito di rapporti familiari. “Come Sco 1 – ha detto il funzionario della mobile nissena – abbiamo iniziato a seguire Barberi già dopo la scarcerazione. Ritenevamo potesse essere lui l’erede di Daniele Emmanuello”. Ma in aula è stata analizzato anche il possibile peso esercitato da Paolo Rizzo, ex assessore, ex sindaco ed ex consigliere comunale a Niscemi. “Da quanto abbiamo potuto ricostruire – ha detto il poliziotto che ha seguito l’indagine – Rizzo appoggiava la candidatura al consiglio comunale di Luigi Virone di Grande Sud, a sostegno del candidato sindaco Giovanni Di Martino. Sul supporto al sindaco, invece, dalle intercettazioni è emerso che non fosse impegnato nonostante sia stato contattato da un medico in servizio al policlinico di Catania, che gli chiedeva di interessarsi ad uno dei candidati”.
Sono stati ripercorsi i due scioglimenti per mafia del 1992 e del 2004. “Nel 2004 – ha spiegato ancora il testimone – La Rosa era in giunta mentre Conti era consigliere comunale”. L’attenzione posta su Rizzo, comunque non indagato, si lega anche alle sue parentele con Giancarlo Giugno e Salvatore Paternò. Nel corso dell’indagine, l’ex sindaco La Rosa è stato seguito e intercettato. Microspie sono state collocate all’interno della sua stanza a Palazzo di Città. “Non sono emerse però conversazioni che potessero richiamare possibili illeciti o scambi – ha detto il testimone rispondendo alle domande dell’avvocato Giuseppe D’Alessandro difensore dell’ex primo cittadino – anche sugli appalti pubblici assegnati non sono emerse anomalie”. In dibattimento, parte civile è proprio il Comune di Niscemi, con l’avvocato Massimo Caristia. Gli imputati invece sono difesi dagli avvocati Flavio Sinatra, Maria Concetta Bevilacqua, Gino Ioppolo, Giuseppe D’Alessandro, Rocco Di Dio e Claudio Bellanti. Il pm Leghissa ha prodotto foto di incontri e video di alcuni comizi elettorali tenutisi nel corso di quella campagna elettorale. Tra i testimoni citati, adesso, in aula arriveranno l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta, Giuseppe Lumia e l’ex sindaco Giovanni Di Martino. La loro citazione è stata anticipata dal pm della Dda nissena.