Gela. Venne ritenuto vicino al gruppo di Cosa nostra gelese, attivo anche nella zona di Parma. L’operaio quarantenne Emanuele C. fu arrestato a conclusione dell’inchiesta antimafia “Compendium”. Rimase detenuto per circa cinque mesi. In giudizio, però, le accuse mosse nei suoi confronti dai pm della Dda di Caltanissetta caddero del tutto e ottenne l’assoluzione. Dopo quella vicenda, attraverso il suo legale di fiducia, l’avvocato Carmelo Tuccio, ha deciso di chiedere una riparazione per l’ingiusta detenzione patita. La sua vicenda è arrivata davanti ai giudici della Corte di Cassazione. Il legale che lo assiste ha deciso di impugnare la decisione sfavorevole pronunciata dalla Corte d’appello di Caltanissetta, che gli ha negato il ristoro economico per il periodo di detenzione. Ora, saranno i giudici romani a decidere. Il legale ritiene che debbano prendere in considerazione l’esito del giudizio, del tutto favorevole al quarantenne, ma anche l’evoluzione successiva all’indagine. Prima dell’arresto, che risale ormai a nove anni fa, l’operaio non aveva mai avuto problemi con la giustizia.
In Emilia si trovava solo per ragioni lavorative e finì sotto osservazione per alcune intercettazioni, dato che aveva rapporti professionali con aziende che poi vennero sottoposte ad accertamenti. La Corte di Cassazione dirà se all’operaio spetti la riparazione per quanto subito.