Armi per vendicarsi dopo un furto, padre e figlio si difendono davanti al gip
La procura ritiene gravi i fatti e per questo aveva già posto l'esigenza della reclusione
Gela. Hanno risposto alle domande del gip del tribunale, fornendo una propria versione dei fatti. Il quarantanovenne Crocifisso Curvà e il figlio venticinquenne Emanuele Curvà, attualmente detenuti, sono accusati di aver avuto la disponibilità di un fucile e di una pistola, oltre a una certa quantità di munizioni. Secondo i pm della procura e i carabinieri, volevano colpire un rivale, ritenuto responsabile di un furto di bestiame a loro danno. Nel corso degli interrogatori di garanzia, avrebbero escluso il possesso delle armi, ammettendo solo di aver avuto una pistola a salve, già al centro di un altro procedimento penale. Il quarantanovenne è assistito dal legale Filippo Di Mauro, il figlio venticinquenne è difeso dall'avvocato Francesco Salsetta. I difensori hanno avanzato richiesta per una misura diversa dalla detenzione in carcere. La procura invece ritiene gravi i fatti e per questo aveva già posto l'esigenza della reclusione. Sulla base delle risultanze di indagine, padre e figlio erano pronti a una ritorsione. Avrebbero puntato a uccidere gli animali allevati dal rivale o comunque a dare alle fiamme la sua automobile. I carabinieri sono arrivati ai due indagati, a seguito di un'intercettazione telefonica attivata nell'ambito di un procedimento assai più ampio, per lo spaccio di droga.
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