Gela. I “ragazzi” di Villaggio Aldisio erano finiti sotto la lente d’ingrandimento degli agenti di polizia del commissariato, e in una certa fase anche di quelli della squadra mobile di Caltanissetta. Quattro a processo. Avrebbero avuto a disposizione armi che, in alcuni casi, vennero anche rivendute. Così, Aristide Tascone, Ernesto Privato, Alessio Tallarita e Orazio Terlati, finiti al centro del blitz ribattezzato, non a caso, “Villaggio Aldisio”, si trovano a rispondere alle accuse davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Silvia Passanisi e composto da Ersilia Guzzetta e Tiziana Landoni. A deporre, è stato uno degli investigatori che si occupò delle indagini, durate comunque diversi mesi, tra appostamenti, intercettazioni e verifiche anche in strada. Il via all’inchiesta scattò quando iniziarono gli approfondimenti investigativi nei confronti dei cugini Nunzio e Luigi Di Noto e di Bruno Manfrè. Intorno a loro, infatti, sarebbero ruotati molti altri giovani, tutti comunque residenti nella zona di Villaggio Aldisio o in quelle limitrofe. Una ricostruzione, quella del testimone sentito in aula, molto spesso rivisitata dai difensori degli imputati, gli avvocati Carmelo Tuccio, Davide Limoncello, Flavio Sinatra, Raffaella Nastasi. Gli accertamenti degli inquirenti non tralasciarono né le abitazioni degli indagati né alcuni poderi di campagna, compreso quello di contrada Burgio dove vennero ritrovate alcune armi. Già al momento dell’apertura del dibattimento, i magistrati della procura hanno chiesto una perizia sul contenuto delle intercettazioni alla base dell’indagine.