Gela. L’area di crisi complessa che avrebbe dovuto aprire una fase di rilancio del tessuto occupazionale locale, ad oggi non ha mantenuto nessuna delle aspettative. I progetti di investimento non sono mai partiti, ad eccezione dell’unico selezionato da Invitalia, e le misure di riqualificazione dei lavoratori stentano ad intravvedersi. Un bilancio negativo che è stato tracciato nel corso dell’assemblea generale delle sigle sindacali Fiom e Filt. “Ci sono tredici lavoratori che attendono risposte sulle misure a sostegno che abbiamo posto come priorità anche nel corso del tavolo che le categorie dei metalmeccanici hanno avuto con il sindaco Lucio Greco e con i parlamentari nazionali Pietro Lorefice e Ketty Damante – dice il segretario provinciale Fiom Orazio Gauci – per altri venti operai inseriti nella lista di disponibilità non c’è mai stata una chiamata per rientrare nel ciclo produttivo. Già dal 2014 presentammo un elenco di almeno cento lavoratori. Pochi sono stati contattati per essere ricollocati e manca ogni tipo di riqualificazione, salvo che non siano direttamente i lavoratori a pagare di tasca propria. Deve esserci un maggiore coinvolgimento da parte delle aziende e anche Eni deve rafforzare i controlli per valutare il rispetto degli accordi sulle assunzioni. Se manca personale, si riqualifichi quello del bacino”.
I lavoratori rimasti fuori dal ciclo della raffineria e quelli che ancora attendono le misure dell’area di crisi non escludono iniziative di protesta. “Saranno concordate con le altre organizzazioni sindacali del settore, per i metalmeccanici Fim e Uilm – aggiunge Gauci – come Fiom sosteniamo eventuali iniziative di protesta perché servono a riportare alla luce situazioni che denunciamo da anni. Ci sono tanti nuovi ingressi di lavoratori nell’indotto di raffineria ma non si possono escludere quelli del bacino di disponibilità”.