Gela. Fare meglio della prima volta non dovrebbe essere troppo complicato, almeno sulla carta, dato che il “round” iniziale per gli investimenti nell’area di crisi complessa si concluse con un solo progetto selezionato e finanziato. Da allora, ne è passato di tempo e a fine maggio si è aperto il nuovo termine per la presentazione delle richieste volte ad accedere ai finanziamenti, per un totale di poco più di venti milioni di euro. Numeri aggiornati, al momento, non ne sono stati forniti e di recente il senatore grillino Pietro Lorefice ha avanzato una richiesta agli uffici compenti del ministero delle imprese. Un’istanza destinata ad avere delucidazioni maggiori su quante domande siano state avanzate per l’accesso agli stanziamenti che riguardano l’intera area di crisi, con oltre venti Comuni. Il budget complessivo non ha mai convinto soprattutto i sindacati. Una quota fin troppo limitata quella dei venticinque milioni di euro, ora ridotti a ventuno dopo il finanziamento del primo progetto. Il fondo prevede coperture statali e regionali. All’origine, erano piuttosto elevate le aspettative sugli incentivi ad investire per cercare di strutturare progetti alternativi a quelli di Eni e compensare in questo modo la drastica riduzione dell’occupazione seguita alla riconversione del sito locale della multinazionale.
Area di crisi e accordo di programma, invece, si sono rivelati fino ad ora ben poca cosa, non riuscendo a creare le condizioni per investimenti capillari sul territorio, dove solo Eni sta proseguendo nel cronoprogramma mentre il tessuto economico restante fa fatica a generare nuovi insediamenti. Negli scorsi mesi, per tenere a battesimo il secondo tentativo e dare un senso all’area di crisi, in città arrivò l’assessore regionale Edi Tamajo, affiancato dai referenti di Invitalia e degli enti che monitorano l’iter. Gli imprenditori ribadirono le loro preoccupazioni e i dubbi sull’efficacia di un’area di crisi con pochi fondi e da concretizzare su un territorio che risente ancora molto dei vincoli di tutela ambientale. Area di crisi e accordo di programma, potenzialmente, dovrebbero innestarsi in un contesto di altri strumenti istituzionali, come la Zes e il Cis. Gli sviluppi veri e propri stentano a decollare.