Gela. “La situazione del paziente era già critica”. Uno specialista, consulente della procura, è stato sentito in aula, davanti al giudice Miriam D’Amore, nel dibattimento aperto a carico del medico Santo Figura, che deve rispondere di omicidio colposo, per la morte di un paziente ottantaquattrenne, deceduto al pronto soccorso dell’ospedale Vittorio Emanuele, tre anni fa. Il consulente, rispondendo alle domande del pm Gesualda Perspicace e delle altre parti del giudizio, ha sostanzialmente spiegato che la “grave malacia” che già aveva compromesso il quadro clinico, è stata tra i fattori che determinarono il decesso. Il paziente era stato visitato da tre diversi medici e in quel periodo Figura era in servizio al pronto soccorso del nosocomio. “C’era un picco di pressione – ha proseguito il perito – io un monitoraggio l’avrei comunque fatto ma la situazione era già critica”. In base alle perizie specialistiche, l’ottantaquattrenne fu stroncato da un aneurisma retroperitoneale. Per i legali dell’imputato, gli avvocati Francesco Cottone e Carmelo Tuccio, la situazione complessiva era compromessa e l’aneurisma si sarebbe manifestato, aggravandola. Figura, per i difensori, avrebbe fatto tutto quello che era possibile, riuscendo anche a rianimare il paziente. Indicazioni che sono state fornite, in gran parte, anche dal consulente della procura. Il testimone ha risposto alle domande dei difensori e del legale di parte civile, l’avvocato Giacomo Ventura, che invece rappresenta i familiari dell’anziano deceduto.
Fu la famiglia a segnalare possibili anomalie e l’eventualità di un errore dei medici. Nel corso dell’esame, il consulente ha tracciato un quadro di fortissima criticità rispetto alle condizioni dell’anziano. Secondo quanto riferito, anche un trasferimento in un altro centro medico non avrebbe risolto la situazione, visto il quadro complessivo.