Gela. Furono i familiari di un’anziana donna ad accorgersi che dal conto personale mancavano non meno di 25 mila euro. Soldi che sarebbe riuscito a prelevare, nel corso del tempo, un cinquantacinquenne, in grado di avere la piena fiducia dell’anziana, pur non essendo legati da vincoli di parentela. L’uomo è finito a processo, accusato di appropriazione indebita, per aver usato la carta bancomat dell’anziana, secondo le accuse raggirandola. In primo e secondo grado, venne condannato a due anni e quattro mesi di detenzione. La Corte di Cassazione invece ha rivisto tutto, disponendo l’annullamento della condanna, così come chiesto dal legale dell’imputato, l’avvocato Salvo Macrì. Le motivazioni non sono ancora note, ma i giudici non hanno dato seguito a quanto già stabilito nei precedenti gradi di giudizio, di fatto rivedendo del tutto la decisione e accogliendo le indicazioni della difesa.
A questo punto, non è da escludere che i familiari della donna possano rivolgersi ai giudici civili del tribunale, nel tentativo di arrivare ad un risarcimento dei danni. L’imputato ha sempre respinto l’accusa di aver raggirato l’anziana, approfittandosi della sua condizione di debolezza, anche psicologica.