Ammanchi nei conti corrente: sotto processo un ex direttore di banca

 
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Gela. I dirigenti di uno dei più importanti gruppi bancari nazionali chiamati a rispondere delle presunte sottrazioni di fondi da alcuni conti corrente aperti nella filiale dell’ex Banca popolare di Lodi di via Palazzi.

La decisione è stata assunta dal giudice Antonio Fiorenza, davanti al quale si sta celebrando il processo a carico di Giovanni Sciabica, ex direttore dell’istituto di credito del quartiere di Caposoprano, accusato di essersi indebitamente impossessato di denaro sottratto dai conti corrente di almeno cinque clienti dell’istituto.
In sostanza, su richiesta dell’avvocato Riccardo Lana che rappresenta quattro imprenditori, titolari dei conti corrente dai quali sarebbero spariti migliaia di euro, gli attuali vertici della banca entreranno nel procedimento in qualità di responsabili civili.
Dovranno rispondere, quindi, insieme a quello che fino a qualche anno fa era un loro dipendente, dei presunti ammanchi di denaro denunciati dagli imprenditori e da uno dei clienti dell’ex Banca popolare di Lodi, oggi divenuta Banca popolare italiana. Si sarebbero improvvisamente ritrovati con conti corrente più leggeri rispetto ai loro stessi depositi.
La richiesta, formulata dal rappresentante legale degli imprenditori che si scoprirono titolari di conti corrente presumibilmente alleggeriti, ha aperto un varco che potrebbe costringere gli amministratori del gruppo bancario a dover, eventualmente, risarcire le presunte vittime.
La scoperta di ammanchi anomali fece scattare un’inchiesta conclusasi, appunto, con l’incriminazione di quello che, per diversi anni, è stato direttore della filiale di via Palazzi. Dopo il suo allontanamento deciso dai vertici del gruppo di credito, Sciabica, difeso dall’avvocato Giuseppe Fiorenza, si trova a fronteggiare il processo a suo carico.
I quattro imprenditori che si ritennero danneggiati dalle presunte manovre sospette si sono costituiti in giudizio, facendosi rappresentare appunto dall’avvocato Riccardo Lana. La decisione di ammettere in giudizio, come responsabili civili, i massimi vertici dell’istituto è stata formalizzata dal giudice Fiorenza nelle ultime settimane. Il processo scaturito dall’inchiesta, invece, è ancora alla prime battute.

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