Gela. Nuovamente una lunga ricostruzione di quello che sarebbe avvenuto, in passato, tra gli impianti della raffineria Eni. In aula, davanti al giudice Miriam D’Amore, hanno parlato diversi ex operai dell’indotto, molti dei quali oggi sono affetti da gravi patologie all’apparato respiratorio. Tre di loro sono stati ammessi come parti civili, assistiti dal legale Davide Ancona. Secondo le accuse mosse ad ex manager e tecnici dello stabilimento, non sarebbero state adottate tutte le misure necessarie ad impedire l’esposizione alle fibre killer di amianto. “Durante visite specialistiche effettuate attraverso l’Osservatorio nazionale amianto – ha detto uno dei testimoni chiamato a deporre – mi sono state diagnosticate calcificazioni pleuriche. Sono stato sottoposto a Tac”. Per l’accusa, sarebbero conseguenza della mancata attuazione dei sistemi di prevenzione. I lavoratori sarebbero stati esposti a sostanze pericolose, nel corso del ciclo produttivo degli impianti. Le contestazioni vengono mosse anche a imprenditori dell’indotto della raffineria. Sono in giudizio, Giancarlo Barbieri, Guido Caporale, Luigi Pellegrino, Sebastiano Caporale, Antonio Catanzariti, Pasqualino Grandizio, Gregorio Mirone, Giancarlo Fastame, Giorgio Clarizia, Giuseppe Genitori D’Arrigo, Francesco Cangialosi, Arturo Borntragger, Giovanni Calatabiano, Giuseppe Farina, Vito Milano, Salvatore Vitale, Giuseppe Di Stefano e Giuseppe Lisciandra. Raffineria di Gela, che proprio ieri ha presentato la nuova green refinery, è invece responsabile civile. La disamina, condotta dal pm Pamela Cellura, ha toccato periodi di tempo, anche a cavallo tra anni ’70 e ’80.
I legali di difesa, invece, escludono un nesso tra patologie e attività in fabbrica e fanno leva anche sul tipo di vita e sulle abitudini dei lavoratori. Secondo i legali, i protocolli di prevenzione sarebbero sempre stati rispettati. Gli imputati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati Giacomo Ventura, Attilio Floresta, Flavio Sinatra, Maria Elena Ventura, Carlo Autru Ryolo, Davide Limoncello, Gualtiero Cataldo e Nicola Granata.