Accusato di aver imposto la chiusura di un’attività, in appello pena ridotta per Cassarà

 
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Gela. Lo scorso anno venne condannato, in primo grado, a quattro anni e otto mesi di reclusione, con l’accusa di estorsione per aver imposto ad un altro esercente la chiusura di una bottega di frutta e verdura. Per Emanuele Cassarà, la Corte d’appello di Caltanissetta ha rivisto l’entità della pena, riducendola a due anni e sette mesi. Inoltre, la contestazione di estorsione è stata derubricata in illecita concorrenza, così come indicato dalla difesa, sostenuta dall’avvocato Flavio Sinatra, e dalla procura generale. L’inchiesta, che portò ad altre due condanne per altrettanti imputati, partì dalle dichiarazioni dell’ambulante, che per gli inquirenti venne spinto a chiudere l’attività, su insistenza di Cassarà. Già in primo grado, la difesa cercò di dimostrare l’assenza di elementi concreti per ritenere che l’imputato avesse potuto dare l’ordine di far chiudere l’attività. Per il difensore, non ci sarebbero state ragioni tali da giustificare una condotta di quel tipo. Lo stesso Cassarà respinse le accuse.

L’ambulante che si ritenne vessato confermò tutto, costituendosi parte civile, assistito dai legali Gianni Tomasi e Antonella Paci. La difesa di Cassarà, in più occasioni, ha messo in dubbio la versione fornita dalla vittima.

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