Un cammino che ha qualcosa da raccontare | Via dei Frati, tra storia e rivelazioni inattese
Via dei Frati: da Caltanissetta a Marianopoli, 24 km tra grano, miniere e il misterioso tunnel ferroviario di Mimiani.
Quando lasci i vicoli barocchi di Caltanissetta e segui le prime frecce gialle della Via dei frati, entri in un racconto dove la fede incontra la geografia rurale. La tappa inaugurale – 24,34 km di strade poderali, trazzere regie e brevi tornanti d’asfalto – conduce fino a Marianopoli ed è solo l’incipit di un itinerario lungo 166 km che in otto giorni collega il cuore dell’isola ai santuari delle Madonie e al mare di Cefalù. Ideato nel 2015 dall’Associazione Amici della Via dei Frati, il percorso ripercorre i tragitti dei frati questuanti, toccando masserie, miniere e borghi agricoli dove il tempo sembra essersi fermato.
Dal cuore di Caltanissetta al granaio di Marianopoli
Il cammino lascia la città in via Pietro Leone, guadagna quota tra uliveti, mandorleti e la sagoma vulcanica del Monte San Giuliano, poi si tuffa nel leggendario granaio di Sicilia: colline seminate a grano duro che a giugno diventano un oceano d’oro.
Il dislivello complessivo positivo sfiora +652 m, quello negativo -548 m; la difficoltà è medio-alta, perciò sono indispensabili abbondanti scorte d’acqua: l’unico rubinetto storico è la fontana liberty di Mimiani, oggi restaurata. Qui l’asfalto cede a piste bianche bordate di ferule, asfodeli e papaveri, mentre sullo sfondo appare il campanile di Marianopoli, prima meta certificata dai timbri del “credenziale” che ogni pellegrino porta con sé.
Tra campi di zolfo, boschi di leccio e il tunnel fantasma
Chi opta per la variante delle miniere – partenza da San Cataldo, rientro sul tracciato dopo il dodicesimo chilometro – penetra nel Bosco di Gabara, un mosaico di leccio e roverella punteggiato dalle bocche delle antiche zolfare: discenderie a gradoni scavate nell’Ottocento, quando il Vallone era il più grande distretto solfifero del Regno d’Italia.
Lungo il crinale, pale eoliche fiancheggiano pascoli di pecore comisane; poco dopo si raggiunge la sorpresa più scenografica della tappa, il tunnel ferroviario di Mimiani. Costruito nel 1923 per la linea Palermo–Catania, inutilizzato dagli anni ’90, il fornice di pietra viva incanala brezze costanti che d’estate rinfrescano i viandanti e, d’inverno, creano condensa che scolpisce stalattiti effimere: da qui il soprannome di “galleria che respira”.
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