Gela. Il popolo della Famiglia e numerose comunità evangeliche hanno promosso un sit in pacifico e silenzioso contro il ddl Zan perché limiterebbe la libertà critica ai gruppi anti-Lgbt. In questi giorni si presenterà in tutte le piazze per manifestare il dissenso del DDL Zan. Oggi pomeriggio in piazza Umberto ci sarà la presenza del coordinatore nazionale Nicola di Matteo e di tutta la segreteria regionale, Emanuele Zappulla di Gela, Salvatore Asero di Catania e Carmelo Catalano di Palermo.
Il testo di legge unificato che è stato depositato in Commissione Giustizia e votato dai deputati, è un testo snello che riunifica cinque ddl (Boldrini, Zan, Scalfarotto, Perantoni, Bartolozzi) e che inizierà il suo percorso alla Camera. I vescovi italiani sono scesi in campo contro il ddl: «Non serve una nuova legge. Anzi, l’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide».
La legge, al contrario, mette sullo stesso piano la discriminazione per orientamento sessuale a quello razziale, interviene su due punti del codice penale e attraverso un’aggiunta alla legge Mancino, mira a sanzionare gesti e azioni violenti di stampo omotransfobico. Di una legge contro l’omofobia nel nostro paese si parla esattamente da 24 anni.
Il cuore della legge Zan punta a inserire l’orientamento sessuale e l’identità di genere all’interno dell’attuale impianto giuridico in materia di reati e discorsi d’odio, allo scopo di estendere la normativa già esistente alla protezione della popolazione Lgbt.
L’anima di questa rivoluzione legislativa spaventa il presidente nazionale del PDF nazionale Mario Adinolfi, vescovi e anti-lgbt della proposta Zan è visibile nei primi tre articoli. Tre modifiche che, molto semplicemente, inseriscono “il genere, l’orientamento sessuale e l’identità di genere” nel calderone delle discriminazioni per odio etnico, razziale o religioso.
Il colpo d’occhio farebbe pensare a una legge che difende, come per tutte le categorie già citate dalla legge Mancino, anche le persone lgbt dal reato di propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, come dichiarato dalla Conferenza Episcopale Italiana, finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, più che sanzionare la discriminazione.
“Non possiamo essere messi sotto processo ed essere denunciati con una pena che va dai 2 ai 6 anni solo perché vorrebbero farci perdere la libertà di esprimere una opinione e il pensiero sulla naturale vocazione della persona umana – spiegano in una nota – Il PDF tuona contro questo pensiero unico distorto che ha il sapore di dittatura globale, il nostro impegno e la nostra battaglia vale sia per noi che per chi oggi fa la guerra alle nostre tematiche.