Soldi per avere permessi e pagamenti in raffineria, cadono accuse ad operatori Eni: assolti

 
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Gela. Un’indagine, partita dalle denunce dei responsabili di almeno due aziende dell’indotto Eni, aveva portato ad individuare presunte richieste illecite da parte di operatori di raffineria. Per gli inquirenti, avrebbero preteso soldi e prestazioni di favore in cambio dello sblocco delle procedure di pagamento delle commesse di lavoro o del rilascio dei permessi. Contestazioni che dopo una lunga istruttoria dibattimentale sono cadute. Il giudice Miriam D’Amore ha disposto l’assoluzione per tutti gli imputati. Si tratta di Rocco Romano, Cono Maugeri, Alberto Scibetta, Giacomo Iozza, Vincenzo Izzia e Salvatore Minacapelli. “Il fatto non sussiste”, questo il contenuto del dispositivo letto in aula dal magistrato. Sul procedimento pesava la prescrizione, maturata a seguito del tempo ormai trascorso dai fatti finiti a processo. I presunti tentativi di estorsione avrebbero riguardato soprattutto i lavori svolti da Sudelettra e Tucam. Le difese degli imputati, però, hanno sempre escluso che la tesi d’accusa potesse avere fondamento. Da quanto emerso dalle loro conclusioni, gli operatori non avrebbero mai avuto libertà nel decidere lo sblocco dei pagamenti, dato che a gestire tutto era un sistema informatico interno a raffineria. Inoltre, gli stessi imputati dovevano comunque rispondere a superiori gerarchici.

Il pm Pamela Cellura, nella sua requisitoria, ha invece ribadito la sussistenza delle accuse mosse a tutti gli imputati, ma ha concluso per il riconoscimento della prescrizione. Il giudice D’Amore, invece, ha pronunciato una decisione che assolve nel merito tutti i coinvolti, che sono difesi dagli avvocati Antonio Gagliano, Flavio Sinatra, Fabrizio Ferrara, Rocco Guarnaccia, Vincenzo Vitello e Giusy Troni.

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