Gela. Le indagini, poi confluite nel blitz antimafia “Stella cadente”, partirono sei anni fa, quando a gennaio del 2014 Bruno Di Giacomo venne scarcerato. Secondo gli investigatori, in quel momento toccò a lui riorganizzare in città il gruppo della stidda. “Era il più rappresentativo – ha detto uno dei poliziotti della mobile di Caltanissetta che ha seguito fin dall’inizio l’inchiesta sugli stiddari – la famiglia Di Giacomo, storicamente, è tra le più importanti”. I poliziotti del gruppo criminalità organizzata della mobile, supportati da quelli del commissariato, iniziarono a studiare le mosse e gli incontri di Di Giacomo. Venne videoripresa anche la cerimonia nuziale, che si tenne in una chiesa della città. Immagini utili per individuare presenze di altri esponenti della criminalità locale. Secondo quanto emerso, Di Giacomo si sarebbe affidato ad una stretta cerchia di uomini di fiducia. I contatti erano molto frequenti e sono stati intercettati e videoripresi gli incontri in un bar, a ridosso del centro storico, nella zona di piazza Roma. “Bruno Di Giacomo, così come il fratello Giovanni, cercò da subito di inserirsi in alcuni settori economici – ha aggiunto il poliziotto nella lunga deposizione – inizialmente, la vendita dei prodotti per la casa, poi anche l’edilizia e la ristorazione e infine l’attività del “Malibù indoor”. Gli inquirenti sono certi che il quarantacinquenne, soprannominato “Marlon Brando”, fosse una sorta di socio occulto del locale. Sarebbe arrivato a minacciare, con un’arma, uno degli allora titolari. “Lo portò in una zona isolata – ha aggiunto il testimone rispondendo alle domande del pm della Dda Matteo Campagnaro – dalle intercettazioni, si capiva che ci fosse un’arma. Forse, tentò di mettergliela in bocca”. Il gruppo di Di Giacomo avrebbe imposto il proprio controllo con atti intimidatori, anche plateali. La violenza sarebbe stata una delle note costanti. “Diceva che bisognava colpire solo alle gambe e alle braccia e mai alla testa – ha detto ancora l’investigatore – una volta, autorizzò una spedizione punitiva contro chi aveva picchiato un suo parente. Uno di quelli individuati si gettò da un balcone, pur di sfuggire alla vendetta”.
Il poliziotto ha descritto il profilo di un vero boss, che pare si spostasse solo con un autista di fiducia. Il presunto marchio stiddaro si sarebbe già intravvisto in altre indagini. Durante le attività investigative sul conto del gruppo Trubia, gli inquirenti si sono imbattuti in almeno due incontri tra Di Giacomo e Vincenzo Trubia, ritenuto punto di riferimento dei coinvolti nell’inchiesta “Redivivi”. “Non escludiamo che possano aver tentato di raggiungere un accordo sulla raccolta della plastica nelle campagne”, ha detto ancora il testimone. Di Giacono è una delle figure centrali dell’indagine “Stella cadente”. Sono a processo inoltre Giovanni Di Giacomo, Salvatore Antonuccio, Samuele Cammalleri, Alessandro Pennata, Vincenzo Di Giacomo, Benito Peritore, Vincenzo Di Maggio, Giuseppe Truculento, Giuseppe Vella, Giuseppe Nastasi e Rocco Di Giacomo. I fratelli Di Giacomo, così è emerso dalle parole del poliziotto, non si sarebbero fermati neanche davanti allo zio. Probabilmente per diatribe sulla proprietà di alcuni immobili, avrebbero fatto fuoco contro la saracinesca del garage di Rocco Di Giacomo, anche lui a processo e allo stesso parte civile. Gli esercenti sottoposti a minacce e ritorsioni sono costituiti in giudizio con gli avvocati Valentina Lo Porto (che rappresenta i titolari di due diverse imprese commerciali) e Alessandra Campailla (che ha avanzato la richiesta per conto di un ambulante). Pur di prendere il sopravvento in alcuni comparti commerciali, il presunto capo avrebbe agito con pressioni, minacce e intimidazioni. Diversi riscontri li ha forniti il giovane collaboratore di giustizia Giovanni Canotto, che operò più volte su commissione degli stiddari. Parte civile è la federazione antiracket, con il legale Mario Ceraolo. Diversi esercenti, messi alle strette, segnalarono quanto accadeva e le pressioni esercitate dai Di Giacomo, impegnati a favorire le aziende “amiche”. Una forza criminale che gli investigatori appurarono quando uno degli uomini del quarantacinquenne, Gaetano Marino (pare attivo nello spaccio di droga), subì un tentativo di omicidio, in pieno centro storico. Solo poche ore dopo, un commando entrò in azione, sparando colpi di arma da fuoco contro l’abitazione del responsabile. Il poliziotto continuerà a rispondere alle domande a settembre, quando l’esame toccherà anche ai difensori. Gli imputati sono rappresentati dagli avvocati Flavio Sinatra, Carmelo Tuccio, Ivan Bellanti, Giovanna Zappulla, Cristina Alfieri, Enrico Aliotta e Antonio Impellizzeri.
Con questo pool di avvocati gli imputati sicuramente ne usciranno con assoluzione piena perchè il fatto non sussiste . Spero di sbagliarmi !!!!