Gela. Ministero dell’ambiente e Comune ammessi come parti civili ed è stato proprio il municipio a chiedere la chiamata in giudizio del responsabile civile, ovvero la società Raffineria di Gela. Il giudice Miriam D’Amore ha accolto la richiesta di costituzione formulata dai legali dei due enti, gli avvocati Giuseppe Laspina e Ornella Crapanzano. A processo, ci sono manager Eni. L’indagine, condotta dai pm della procura e dai militari della capitaneria di porto in forza all’aliquota di polizia giudiziaria, ha consentito di individuare un presunto smaltimento irregolare di rifiuti ferrosi. Nei fondali adiacenti al porto isola, è stata accertata la presenza di resti di ponteggi, tubi e vecchi fusti. Sono a processo Bernardo Casa, Alfredo Barbaro, Settimio Guarrata, Calogero Sciascia e Arturo Anania, oltre alla stessa società Raffineria che risponde solo di illecito amministrativo. Per uno dei capi di imputazione, i legali degli imputati (avvocati Gualtiero Cataldo, Alessandra Geraci e Carlo Autru Ryolo) hanno ribadito la richiesta di oblazione, attraverso il pagamento di una somma di denaro da definire. C’è stato però il no del procuratore capo Fernando Asaro, presente in aula a sostenere l’accusa. “Sono fatti particolarmente gravi”, ha spiegato il magistrato. Per i difensori, invece, si tratterebbe comunque di rifiuti non pericolosi.
Sempre dai banchi della difesa è arrivata la richiesta di sospensione del procedimento, ritenuta necessaria per consentire all’azienda di provvedere al ripristino e alla rimozione. Eccezioni preliminari all’apertura del dibattimento, sulle quali il giudice Miriam D’Amore si esprimerà alla prossima udienza. La presenza nei fondali di rifiuti speciali abbandonati venne accertata dopo una serie di controlli, condotti dai sub della capitaneria di porto. Secondo quanto viene contestato, sarebbe stato causato un danno ambientale.