Gela. L’ipotesi d’accusa ruotava intorno a presunte società cartiere che avrebbero favorito l’emissione di fatture per prestazioni e forniture però inesistenti. Contestazioni che non hanno trovato riscontro a conclusione del dibattimento. Gli approfondimenti investigativi hanno fatto pervenire a giudizio due procedimenti, con uno schema sostanzialmente analogo, legato a presunte truffe all’erario. Diversi capi di accusa, visto il tempo trascorso, erano ormai prescritti. Il pm Pamela Cellura, per i fatti collocati in periodi successivi, ha comunque concluso per la condanna degli imputati, quasi tutti imprenditori ed esercenti. Il giudice Miriam D’Amore, nel dispositivo, ha invece decretato l’assoluzione nel merito. La formula “perché il fatto non sussiste” ha determinato la doppia assoluzione, in entrambi i procedimenti, dell’imprenditore Gabriele Pellegrino, attuale consigliere comunale. Esiti finali che si aggiungono ad una precedente assoluzione che lo stesso Pellegrino per vicende analoghe aveva già ottenuto. Le verifiche infatti toccarono pure la sua azienda, impegnata nella metalmeccanica e nella progettazione. La difesa, sostenuta dal legale Flavio Sinatra, ha ricostruito rapporti commerciali con le altre società, ritenuti del tutto fondati, portando a riprova i pagamenti effettuati per le forniture di materiale, elettrico e non solo. Attività collegabili ai cantieri che la società, presente in diverse zone della penisola, già allora portava avanti. La procura, in uno dei giudizi, ha concluso invece per la condanna. Nell’altro, per il riconoscimento della prescrizione. Invece il giudice ha pronunciato l’assoluzione nel merito.
Stessa decisione adottata per gli altri imputati. Si tratta di Maria Ferrera, Luca Ricci, Francesco Morello, Riccardo Lana, Giovanni Di Mauro ed Emanuele Mezzasalma. Le accuse sono venute meno, inoltre, per Samanda Lo Chiano, Rocco Fasciana, a loro volta imputati nel procedimento che coinvolgeva Pellegrino e Di Mauro. I difensori (tra questi gli avvocati Joseph Donegani, Giacomo Ventura e Filippo Spina) hanno insistito sulla regolarità di tutte le operazioni commerciali condotte dalle aziende sottoposte alle verifiche dei militari della guardia di finanza, che invece ritennero sussistenti presunti schemi per aggirare l’erario. Nel corso della lunga istruttoria, sono stati diversi i testimoni chiamati in aula, per le difese soprattutto con l’intento di far accertare la concreta attività che veniva svolta dalle aziende.