"Pecore", "baci", "regalini", i clienti chiedevano la cocaina a Curvà: una coppia gli consegnò la carta bancomat

Chat, messaggi e telefonate, tutte monitorate dagli investigatori, erano continue nel corso della giornata. Iniziò a essere intercettata una donna, poi rivelatasi cliente abituale di Curvà

20 novembre 2025 21:00
"Pecore", "baci", "regalini", i clienti chiedevano la cocaina a Curvà: una coppia gli consegnò la carta bancomat -
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Gela. L'attività di spaccio scoperta dai carabinieri e dai pm della procura era capillare e quotidiana. La cocaina, soprattutto, fruttava somme ingenti ai pusher, che riuscivano ad avere diversi clienti, pronti a spendere quasi giornalmente, pure più volte, pur di avere la sostanza. L'inchiesta “White sheep”, come hanno confermato il procuratore capo Salvatore Vella e il colonnello dei carabinieri del reparto territoriale Marco Montemagno, ribadisce che il mercato della droga, in città, non conosce crisi. Le utenze telefoniche appositamente attivate dal venticinquenne Emanuele Curvà erano intercettate dagli investigatori. Il giovane si muoveva sulla base delle tante richieste ricevute, seguendo rapporti quasi fiduciari con i clienti. La base logistica era un garage, nella zona di Baracche. Una coppia di coniugi arrivava ad affidargli la carta bancomat, per far sì che fosse direttamente lui a prelevare la somma necessaria a saldare il conto. In città, arrivavano clienti da altre zone. Così, i contatti venivano mantenuti con assuntori di Niscemi e della provincia di Enna. Le consegne venivano effettuate non solo nelle abitazioni ma, in alcune occasioni, in bar e posti di lavoro. Chi non riusciva a pagare subito, dilazionava il credito, per poi coprirlo successivamente. Qualcuno chiedeva anticipi sugli stipendi, solo allo scopo di acquistare cocaina. Chat, messaggi e telefonate, tutte monitorate dagli investigatori, erano continue nel corso della giornata. “Pecore”, “baci”, “regalini”, secondo gli inquirenti, erano definizioni appositamente utilizzate per evitare di esporsi ma, nei messaggi, si riferivano alla droga e ai quantitativi richiesti ai pusher. Curvà preferiva muoversi in un contesto organizzativo, fatto soprattutto da familiari. Insieme a lui, è stato destinatario di misura di custodia cautelare in carcere il padre, Crocifisso Curvà (già sottoposto ad arresto per armi), e ancora Paolo Cavallo, a sua volta impegnato nel giro di droga. Domiciliari per Carmelo Salvatore Curvà e obbligo di presentazione rispetto alla posizione di Cesare Schembri. Insieme a loro, altri sei coinvolti, tutti a piede libero, compresa Rosaria Mondello, madre di Emanuele Curvà e moglie di Crocifisso Curvà. L'attività investigativa prese il via da una rapina. All'addetta di un'attività commerciale vennero sottratti circa ottantamila euro. I carabinieri iniziarono a intercettare una collaboratrice del titolare, che si rivelò poi tra i consumatori abituali di cocaina.

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