Gela. La droga, soprattutto hashish, viaggiava con una frequenza impressionante: la rotta era ormai consolidata, la merce arrivava da Palermo e i corrieri facevano costantemente spola.
A reggere l’intero giro, sarebbe stato il cinquantacinquenne Emanuele Palazzo. Il presunto capo del gruppo di stiddari, infatti, coordinava gli affari da piazza San Francesco, vero scenario delle mosse di Palazzo e dei suoi sodali. Intorno a lui, stando agli inquirenti che hanno condotto l’operazione “Agorà”, ruotava un nugolo di piccoli spacciatori al dettaglio e di corrieri.
Palazzo, però, non trascurava mai di organizzare le successive tappe dopo lunghi colloqui con il trentaduenne Massimiliano Tomaselli: ritenuto una sorta di braccio destro del capo nell’affare della droga.
I viaggi, però, li faceva il ventitreenne Carmelo Antonuccio, atteso, a Palermo, da una delle fonti d’approvvigionamento dell’intera banda, il trentenne Pasquale Sanzo. Nel luglio di tre anni fa, però, il corriere venne bloccato proprio dai carabinieri del reparto territoriale mentre era a bordo della sua vettura di ritorno dal capoluogo. In quel caso, gli inquirenti ritrovarono, all’interno della sua vettura, ventidue panetti d’hashish.
Droga, ritengono gli investigatori, destinata a rifornire le piazze di spaccio locali e acquistata attraverso l’intermediazione di Pasquale Sanzo. Ma gli affari del gruppo si muovevano anche tra i vicoli della città grazie ai fratelli Alessandro e Calogero Peritore. I due, a loro volta, sono stati seguiti dagli investigatori anche quando si recavano a prendere ordini da Emanuele Palazzo. Il luogo d’incontro era il solito, piazza San Francesco.
Obiettivo di Palazzo e dei suoi fedeli pusher, erano diventate le scuole. “Dove si vende di più?”, chiedeva Alessandro Peritore ad Emanuele Palazzo durante uno dei loro colloqui intercettato dagli investigatori: immediata la risposta del capo, “alle scuole, l’hai capito?”. A circolare, erano hashish, marijuana e cocaina: Palazzo aveva apposto il suo assoluto no alla commercializzazione dell’eroina. “L’eroina – ammetteva durante un’altra conversazione intercettata – la odio. L’ho odiata sempre anche quando la vendevo io”.
Ma la droga si conferma una delle voci d’entrata più importanti del bilancio degli stiddari anche attraverso gli agganci del quarantaseienne Giuseppe Mangiameli che, invece, avrebbe intrattenuto un rapporto di fiducia, fatto di domanda e offerta, con l’altro palermitano coinvolto nell’operazione, il quarantanovenne Gaspare Carella, a sua volta arrestato nell’ottobre di tre anni fa: quando gli investigatori ritrovarono, all’interno della sua automobile, venti panetti d’hashish.