Gela. “Quella sera, lo vidi nei pressi di un pub sul lungomare. Mi sembrava tranquillo”.
Le ultime ore prima della morte. A parlare, davanti ai giudici della Corte d’assise di Caltanissetta, è stato uno dei cugini del giovanissimo Orazio Sotti, ucciso nei pressi della sua abitazione di Fondo Iozza nel dicembre di quindici anni fa. A rispondere dell’omicidio sono i fratelli niscemesi Salvatore e Giuseppe Cilio, difesi dagli avvocati Salvo Macrì e Luigi Cinquerrui. Il testimone ha descritto quel brevissimo incontro, durato solo alcuni minuti. Poco dopo, Sotti sarebbe caduto sotto i colpi dei killer. Insieme al cugino, è stato ascoltato un altro conoscente del giovane idraulico. I testimoni hanno risposto anche alle domande poste dal legale della famiglia Sotti, l’avvocato Giuseppe Cascino. Intanto, i giudici della corte d’assise hanno deciso di nominare un secondo perito che avrà il compito di analizzare e trascrivere le intercettazioni, ambientali e telefoniche, successive all’avvio delle indagini da parte degli investigatori. Il tecnico si aggiungerà ad un collega, già nominato negli scorsi mesi. La mole d’intercettazioni da valutare e trascrivere ha convinto i giudici ad assegnare un secondo incarico, con l’obiettivo di ridurre i tempi. Adesso, si tornerà in aula a novembre. Intanto, uno dei difensori, l’avvocato Salvo Macrì, ha chiesto che il contenuto delle intercettazioni venga trascritto utilizzando l’originario dialetto gelese prevalente nelle conversazioni tra gli intercettati. In base alle accuse, i due fratelli Cilio avrebbero preso di mira Sotti dopo aver saputo della relazione intrattenuta dal giovane con le loro due conviventi.