Gela. Tre testimoni verranno sentiti davanti ai magistrati della Corte d’assise d’appello di Caltanissetta, nel giudizio di secondo grado successivo alla condanna all’ergastolo del niscemese Giuseppe Cilio. E’ ritenuto l’esecutore dell’omicidio dell’allora ventiduenne Orazio Sotti, ucciso diciannove anni fa davanti al garage di casa, a Fondo Iozza. Il via libera all’esame dei tre testimoni è arrivato dai giudici, dopo le richieste iniziali del legale di difesa, l’avvocato Salvo Macrì. Si tratta di due familiari e di un amico dell’imputato, che in primo grado la difesa non ebbe modo di esaminare dettagliatamente. Si riapre, seppur in parte, l’istruttoria e il legale cercherà di acquisire ulteriori elementi che possano incidere sulla ricostruzione dei fatti. Allo stesso tempo, sono state acquisite note d’indagine che all’epoca vennero redatte da un tenente dei carabinieri. Per l’accusa, fu proprio Cilio a pianificare ed eseguire l’azione di morte. Sotti sarebbe stato preso di mira, perché aveva intrattenuto relazioni sentimentali con le allora fidanzate dell’imputato e del fratello, Salvatore Cilio (assolto in via definitiva per gli stessi fatti). Sono centinaia le pagine del ricorso d’appello avanzato dalla difesa, che mette in dubbio la riconducibilità di Giuseppe Cilio all’omicidio. Stando alla linea del legale, non sarebbe stato lui a sparare e ad uccidere il giovane.
In primo grado, è arrivata la condanna all’ergastolo, chiesta anche dai legali di parte civile, che assistono i familiari della vittima. Gli avvocati Giuseppe Cascino e Francesco Minardi hanno già ottenuto il riconoscimento di una provvisionale e del diritto al risarcimento dei danni. Il caso, dopo anni di silenzio, venne riaperto dagli agenti di polizia e da quelli dell’aliquota della procura, acquisendo quanto raccontato soprattutto dai genitori del giovane ucciso, convinti che non si trattasse di un omicidio maturato in ambienti criminali, mai frequentati da Sotti. In aula, si tornerà a giugno.