Roma. Nel febbraio di un anno fa, davanti a uno stabile di Ostia, uccise il quarantasettenne Fabrizio Vallo. Esplose almeno undici colpi di pistola. I giudici della Corte di Cassazione non hanno accolto il ricorso proposto dalla difesa del gelese cinquantacinquenne Emanuele Caradonna, che ormai da tempo si era stabilito nell’hinterland romano. La condanna a sedici anni di reclusione per l’omicidio e quella a due anni per il porto della pistola, sono definitive. La difesa dell’imputato, sostenuta dal legale Angelo Staniscia, aveva impugnato la decisione di appello dello scorso giugno. I magistrati della Corte d’assise d’appello di Roma, infatti, a loro volta hanno confermato quanto deciso in primo grado, al termine del giudizio abbreviato. La procura generale, in Cassazione, ha ritenuto di concludere con la richiesta di rigetto del ricorso. Secondo la ricostruzione degli investigatori, tra Vallo e Caradonna c’erano stati violenti alterchi e frequenti tensioni, pare per la contesa intorno ad un alloggio popolare. Sembra che Vallo fosse piuttosto incline a inveire contro una familiare, ex compagna di Caradonna. Tra i due comunque i rapporti erano ormai giunti a un punto di evidente attrito. La sera dell’omicidio, prima che Caradonna si armasse, c’era stata una contesa e spuntò una spranga. Per la difesa, quella di Caradonna fu un’azione spinta dall’esasperazione per continue provocazioni. L’accusa ha indicato invece una volontà piuttosto lucida e consapevole. Caradonna continuò a sparare nonostante Vallo fosse ormai a terra, inerme. Non sono stati accolti i motivi di ricorso avanzati dalla difesa dell’imputato, che ha insistito pure sul piano dell’entità della pena oltre che su quello della valutazione di alcuni elementi di prova. Per la Cassazione, come riportano le motivazioni, le conclusioni dei giudici di appello sono pienamente condivisibili.
Caradonna, già prima dell’arresto per l’omicidio di Ostia, venne collegato ad armi da fuoco, munizioni, ordigni esplosivi artigianali, documenti contraffatti e ancora a un’uniforme e a materiale in dotazione ai carabinieri, ritrovati e sequestrati in un’automobile. Elementi che per i giudici non escluderebbero un “collegamento con la criminalità organizzata”. Inizialmente, gli investigatori ipotizzarono che l’omicidio potesse legarsi a dinamiche criminali. Nel procedimento, è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni in favore della parte civile, costituita con il legale Fabrizio Peverini.