Gela. La vendita di un’auto e il mancato incasso dell’intera somma pattuita, lo indussero a richiedere spiegazioni al cliente: per riavere indietro la vettura oppure per ottenere almeno una parte della somma. Non si trattò di richieste estorsive. Il giudice Martina Scuderoni ha assolto Salvatore Luca. “Il fatto non sussiste”, questa la formula del dispositivo letto in aula. L’imprenditore, insieme ai familiari, negli anni ha portato avanti una vasta attività di vendita di automobili, sul territorio e non solo. Per la procura, si sarebbe trattato, nella vicenda finita a processo, di pressioni indebite a danno del cliente. Il pm Gaetano Scuderi ha infatti chiesto la condanna a cinque anni di reclusione. Secondo l’accusa, pur sapendo che il cliente, a causa di una vicenda legata proprio all’acquisto dell’auto, aveva perso il posto di lavoro, Luca avrebbe comunque preteso le somme, con presunte minacce, anche sull’incasso di un assegno che non avrebbe avuto la necessaria copertura. Secondo il pubblico ministero, c’erano tutte le condizioni per riconoscere l’estorsione. Una versione nettamente differente è stata fornita dai difensori, gli avvocati Antonio Gagliano e Filippo Spina. Nelle conclusioni hanno spiegato che si trattò di un normale rapporto commerciale, non onorato dal cliente. Pur avendo ricevuto la Mercedes, non osservò le scadenze previste per coprire gli assegni. Secondo i legali, non ci furono forzature: Luca avrebbe concesso tutte le possibilità affinché il cliente garantisse le condizioni decise per l’acquisto della vettura (per un totale di circa 50mila euro).
In base a quanto spiegato dai legali, non ci fu alcun ingiusto profitto da parte dell’esercente. Hanno insistito sul fatto che lo stesso acquirente escluse di aver subito minacce o comunque di aver provato timore. C’erano stati altri rapporti commerciali con la concessionaria dell’imputato. L’allora acquirente, che segnalò la vicenda, si è costituito parte civile nel giudizio, assistito dagli avvocati Walter Tesauro e Desireè Iaglietti.