Gela. Un colpo di scena che in pochi si aspettavano. Il governo del premier Matteo Renzi sembra voler mettere un freno ai tanti progetti d’esplorazione e trivellazione in mare. Emendamenti allo “Sblocca Italia”. E’ stato presentato, infatti, un emendamento alla legge di stabilità che va sostanzialmente a modificare quanto previsto dal famoso “Sblocca Italia”, visto da molti come una sorta di liberalizzazione dei progetti di trivellazione offshore. Ovviamente, sarà il parlamento a dover dare il via libera definitivo. Tra le modifiche sostanziali rispetto a quanto contenuto nello “Sblocca Italia”, lo stop ai progetti in mare rientranti nelle 12 miglia dalla costa. Così, potrebbero saltare progetti come l’Ombrina Mare previsto al largo delle coste abruzzesi e finanziato dal gruppo britannico Rockhopper e quello della piattaforma petrolifera Vega B nel Canale di Sicilia.
…e Prezioso K. A questo punto, c’è da chiedersi se la mossa del governo inciderà sui progetti del gruppo Eni per le coste locali, a cominciare dalla piattaforma Prezioso K. Eni ha sempre ribadito di voler investire circa 2,2 miliardi di euro. Indicazioni contenute nel protocollo d’intesa firmato un anno fa al ministero dello sviluppo economico. Peraltro, sui progetti d’esplorazione e trivellazione in mare, compresa la costruzione della piattaforma Prezioso K, pende ancora un ricorso presentato da associazioni ambientaliste e comuni della fascia ragusana e agrigentina. Il verdetto dovrà arrivare dai giudici del Consiglio di Stato. Gli emendamenti presentati dal governo, oltre a stoppare i progetti ricadenti entro le 12 miglia dalla costa, prevedono un maggior ruolo delle regioni e dei comuni nei processi decisionali, eliminando la dichiarazione di “strategicità,indifferibilità ed urgenza delle attività petrolifere” e il “vincolo preordinato all’esproprio della proprietà privata” già a partire dalla ricerca degli idrocarburi. Una serie di quesiti referendari, contrari a quanto contenuto nello “Sblocca Italia”, sono stati presentati da associazioni e forze politiche per cercare di fermare la “liberalizzazione” delle trivelle in mare. La Corte di Cassazione li ha dichiarati legittimi.