Morselli su Filangieri: la recensione che dona dignità al meridione

 
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Gela. Non è una cosa di tutti i giorni leggere di uomini che sono vissuti durante il periodo Borbonico ed essere ricordati come protagonisti assoluti del periodo in cui vissero.

Il professore di economia politica, Alessandro Morselli, parla dello studioso Gaetano Filangieri, principe di Satriano e della sua opera più importante “La scienza della legislazione”.  Nasce in una villa di suo padre, sita nella gestione territoriale di Napoli, il 22 agosto del 1753, figlio di Agata Moncada di Paternò. E’ stato un giurista e filosofo italiano del regno di Napoli, con una vita dedicata interamente agli studi classici. Fu ritenuto uno dei massimi giuristi e pensatore italiano del regno di Napoli del XVIII secolo e la sua figure è legata fortemente alla società napoletana di storia patria. Nel 1750 muore Giovanni Gaetano Filangieri, nonno dell’illuminista Gaetano. Proveniva da una delle famiglie più in vista della nobiltà partenopea, lo zio Arcivescovo era Serafino Filangieri. Dell’educazione, se ne occuparono, lo zio Serafino, benedettino e il professore di fisica sperimentale dell’università di Napoli e soprattutto Luca Nicola de Luca. A 17 anni abbandonò la carriera militare, a cui l’avevano destinato i suoi genitori fin da bambino, per dedicarsi definitivamente allo studio e si laurea in legge nel 1774 e tre anni dopo a seguito della carica di gentiluomo di camera presso il re Ferdinando IV di Borbone. Si dedicò al progetto della riforma della giustizia e divenne ufficiale volontario di marina.

L’illuminismo di Gaetano, fu definito dagli storici, un illuminismo napoletano, perché secondo questi grandi uomini, la Napoli del settecento si era dimostrata come uno dei maggiori laboratori di idee dell’Europa, perché i privilegi feudali erano dominanti e la massa plebea non trovava spazi per emergere, discorsi significativamente strumentali, perché la stessa situazione esisteva al nord ma non emergevano nemmeno uomini di cultura.

Nel regno di Napoli, conosciuto come regno delle due Sicilie, in quel periodo esistevano molti primati, e non perché il feudalesimo governasse il mondo plebeo con una politica dittatoriale più pesante di quella che esisteva al nord dell’Italia sotto la dominazione di stati Europei, perché la politica dei Borboni è stata meno oppressiva della politica dei piemontesi che infatti sorge nel Garigliano (il primo ponte sospeso in ferro dell’Italia (1833), il grande architetto Luigi Vanvitelli costruisce la Regia di Caserta, opera di eccezionale bellezza, viene costruito il teatro San Carlo a Napoli nel 1734 prima della scala di Milano. L’osservatorio astronomico, sempre a Napoli, prima illuminazione a gas a Capodimonte.

Fu donato alla città di Napoli il palazzo Como, che fu della famiglia Filandieri, ricco di documenti storici di capitale importanza, sulla storia di Sicilia 1848-1849 e dove lo storico Raffaele De Cesare nel suo testo “La fine di un regno”, attinse tantissime informazioni e il libro fu dedicato alla duchessa Teresa Ravaschieri Fieschi, sorella di Gaetano Filangieri.

La sua opera nei quattro mesi di governo, dopo la morte del re Ferdinando II, mirò all’alleanza con il Piemonte per la formazione in Italia di due grandi stati, uno del nord e uno nel sud confederati a comune difesa, con una costituzione ideata da Carlo Filangieri e uno statuto redatto da Giovanni Massa. Nel 1773, scrisse un breve testo dove metteva in discussione le teorie di Cesare Beccaria sulla pena di morte in quanto lui favorevole e il suo testo “Morale del legislatore” sostiene che tutti hanno il diritto di proteggere la propria vita, quando questa viene minacciata da altri, temi che vengono ritrattati nella sua opera maggiore “La scienza della legislazione”.

Nel 1774 scrive a Napoli un’opera dedicata al magistrato Bernardo Tanucci che riguarda la riforma dell’amministrazione della giustizia, dove afferma la necessità per i magistrati di motivare le proprie sentenze in base alla legislazione scritta nel regno, in modo di eliminare i soprusi e i privilegi di ogni singolo magistrato.

L’opera sua più famosa, ottenne il plauso di d’Alembert e Montesquieu che con il loro spirito di classici dell’illuminismo contribuirono a influenzare l’opera, ma nel 1784 cominciarono ad arrivare le prime condanne dell’inquisizione, relative alla sua opera, anche se la chiesa non contestò mai la legittimità dei provvedimenti assunti dal governo Borbonico, successivamente divenne consigliere del supremo consiglio delle finanze e preso da questi impegni politici, non riuscì a terminare il quarto libro della scienza e dei sette volumi, riuscì a pubblicarne solo cinque, morì il 20 luglio 1788 a soli trentacinque anni. Con la sua grande opera, il Filangieri ha voluto mettere in evidenza le manchevolezze giuridiche esistenti nei governi liberali ma autoritari di allora, ponendosi contro il feudalesimo dominante anche in tutti gli altri stati dell’Italia, infatti è considerato un precursore dei tempi per quanto riguarda gli ostacoli interposti tra i governanti e i governati.  

Con la morte di Gaetano Filangieri, non si chiude il successo dei principi di Satriano, perche il figlio di Gaetano, Carlo Filancieri, uomo politico molto vicino al sovrano Borbonico, conduce opere politiche di grande rilievo e di grande interesse per la Sicilia in particolare. Fu molto vicino al re Gioacchino Murat, che lo nominò Generale, con la caduta di Napoleone si trasferì in Italia perché aveva ucciso un generale Italo-Francese in duello, divenne un grande collaboratore del re Borbonico Francesco I da cui ottenne l’incarico di trattare gli affari di Sicilia.

Nel 1848, duranti i moti rivoluzionari, la Sicilia aveva chiesto l’indipendenza dal regno dei Savoia, indipendentisti guidati da Francesco Crispi, che durante la visita del re in Calabria e in Sicilia, si fermo soltanto a Messina e Catania e solo l’opera di convincimento del principe di Satriano, portò i palermitani a consegnare le chiavi della città di Palermo al re Borbonico, gesto simbolico per arrivare alla pace.

Il principe di Satriano, Carlo Filangieri, si era impegnato moltissimo per riaffermare i buoni rapporti con la dinastia Borbonica, nel momento in cui i rivoluzionari Palermitani, si erano completamente staccati dai Borboni e a Palermo regnava il disordine più assoluto senza nessuna tranquillità né dentro le case né fuori per le strade.

Al principe, viene affidata la luogotenenza della Sicilia a Napoli, ma il principe Carlo, ormai avanti negli anni, aveva pensato di rifiutare l’incarico che accetta senza condizioni, subito dopo qualche ripensamento e mette in atto una politica di rigore che in pochi mesi raggiunge l’obiettivo. Ma le invidie erano tante che alla fine osteggiato dal suo protetto Giovanni Cassisi, presentato da lui a Francesco I, dovette dimettersi, ritardando ancora l’inizio delle infrastrutture stradale in Sicilia, ancora per qualche tempo.

Eppure Giovanni Cassisi, Messinese, che fu presentato come consultore di stato, per governare la Sicilia perché si mostrava deferentissimo assieme ad altri consiglieri: Michele Celesti, Giuseppe Castrone e Salvatore Maniscalco.

Il Cassisi si dimostrò un essere indegno e pericoloso, perché simulando e dissimulando, le varie iniziative, faceva nascere nel re, di natura molto sospettoso, dubbi tremendi, tanto che alla fine dovette dimettersi, mentre la scelta del Maniscalco fu azzeccata.

1 commento

  1. A parte l’incredibile confusione del testo per cui a volte non si capisce di quale Filangieri si parli, ai lettori va detto almeno che 1. Teresa Filangieri Ravaschieri Fieschi era nipote del Gaetano Filangieri giurista e figlia di Carlo. 2. Nel 1848 la Sicilia, come è ovvio, si era proclamata indipendente dal regno dei Borbone, non da quello dei Savoia. 3. Carlo Filangieri guidava le truppe borboniche che repressero la rivoluzione siciliana del 1848 ed emanò il decreto terroristico del 15 giugno 1849. 4. Il regno di Napoli non va confuso con il regno delle Due Sicilie: sono due entità statuali diverse, la seconda comincia nel 1816, cancellando il regno di Sicilia. 5. Carlo Filangieri fu luogotenente generale in Sicilia dal 1849 al 1855, quando fu sostituito dal principe di Castelcicala.

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