Gela. I manager di raffineria dovranno risarcire i familiari dell’ex operaio dell’indotto Gaetano Bonini. Oltre un milione di euro spetterà ai parenti più stretti che hanno deciso di agire per via legale.
L’uomo, che per circa trent’anni ha lavorato al servizio di diverse aziende dell’indotto della fabbrica, morì dieci anni fa a causa di un mesotelioma pleurico. Patologia che il legale dei familiari, l’avvocato Giovanna Cassarà, è riuscita a collegare all’attività lavorativa svolta dall’operaio e alla sua esposizione alle pericolose polveri d’amianto.
Il giudice del tribunale Alessandro Laurino, così, ha riconosciuto il danno morale subito dai figli e dalla moglie per la prematura morte di Bonini e, inoltre, il danno biologico arrecato all’uomo. In sostanza, i manager di raffineria Eni saranno costretti al risarcimento per non aver adempiuto ai doveri di controllo e salvaguardia dei cantieri di lavoro.
Non dovranno essere, quindi, i titolari delle aziende per conto delle quali lavorò l’operaio a dover risarcire il danno: una tesi, al contrario, messa in luce dai legali della multinazionale.
“La responsabilità per gli eventi dannosi legati all’inalazione di polveri d’amianto – si legge in uno dei passaggi delle motivazioni redatte dal giudice Laurino – pur in assenza di dati certi sull’epoca di maturazione della patologia, va attribuita causalmente alla condotta omissiva dei soggetti responsabili della gestione aziendale”.
Il caso di Gaetano Bonini, adesso, potrebbe aprire uno squarcio giuridico decisamente importante in favore delle tante famiglie che hanno dovuto dire addio, anticipatamente, a molti operai in servizio all’interno della fabbrica di contrada Piana del Signore.