Microspie negli uffici Ato rifiuti, testimone: “Atteggiamento Panebianco cambiò”

 
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Gela. “Dopo quella telefonata, l’atteggiamento di Panebianco nei miei confronti cambiò completamente”. L’ha spiegato in aula, davanti al giudice Francesca Pulvirenti, un ex dipendente dell’Ato Cl2 in liquidazione, successivamente licenziato insieme a tre colleghi. Nel corso di quella telefonata, il commissario avrebbe chiesto all’allora dipendente se ci fosse la possibilità di monitorare i rapporti tra un altro operatore e l’ex dirigente del Comune Roberto Sciascia. “Dissi che se aveva dei sospetti poteva segnalarli alla procura piuttosto che usare altri sistemi – ha proseguito il testimone – da quel momento, il suo comportamento nei miei confronti cambiò, nonostante ci fosse stato un iniziale rapporto di fiducia. Addirittura, dopo che fummo sentiti dagli agenti di polizia, iniziarono ad arrivare lettere di contestazione”. Panebianco e Sergio Occhipinti, allora socio dell’azienda “Multiservice”, sono a processo perché accusati di aver installato microspie nella sala riunioni della sede Ato a Brucazzi e in uno degli uffici. “La Multiservice, che collaborava con l’Ato – ha proseguito l’ex dipendente – installò un software in uno dei computer che utilizzavamo e mi venne chiesto di attivarlo, eventualmente per ascoltare le conversazioni della sala riunioni. Ero molto impegnato e non lo feci ma furono comunque acquistate anche delle cuffie. Che fossero state installate delle microspie nella sala riunioni era noto”. Un altro collaboratore dell’Ato di quel periodo, figlio dell’allora presidente del tribunale, avrebbe segnalato al collega la presenza di microspie in uno degli uffici. Il testimone ha risposto alle domande del pm Tiziana Di Pietro, a quelle dei legali di parte civile, gli avvocati Sergio Sparti (in rappresentanza di Roberto Sciascia e dell’attuale dirigente comunale Grazia Cosentino), Alessia Maugeri e Ottone Salvati (per il Comune), e delle difese, sostenute dagli avvocati Maria Licata e Fabio Fargetta.

Il legale di Panebianco ha insistito sul fatto che il commissario andò poi ad occupare l’ufficio nel quale era stata segnalata la microspia. Il funzionario avrebbe avuto, in quel periodo, rassicurazioni dalle forze dell’ordine, dopo essere stato vittima di intimidazioni, compreso l’incendio dell’automobile. Secondo questa ricostruzione, ci sarebbe stato l’avallo delle forze dell’ordine alla collocazione di microspie. Sarebbero state individuate dai poliziotti, durante attività di bonifica svolte negli uffici di Brucazzi. Per i pm della procura, si sarebbe trattato di installazioni non autorizzate. Un’altra collaboratrice di quel periodo ha spiegato che all’Ato le visite delle forze dell’ordine erano praticamente periodiche. “Venivano almeno una volta al mese”, ha detto. In aula, si tornerà a settembre, con l’esigenza di evitare la prescrizione di fatti che risalgono a nove anni fa.

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