Gela. Partendo dalla definizione che Benedetto Croce fece sul Regno delle Due Sicilie, in tempi non sospetti: primo stato opera d’arte, dove per prima si ebbe una legislazione civile, un’amministrazione e una finanza ordinata, dove per primo governavano sovrani che erano uomini di stato e dove per primo si affermò l’idea di Monarchia assoluta, laica e illuminata.
Qui, Ferrante D’Aragona, nel 1483, emanò la magna carta dei diritti dei cittadini. Questo è il regno che nel 1689 contava una popolazione di 2.718.350 abitanti e, quando il regno passò sotto il dominio di Carlo III di Borbone, cominciò a crescere fino a 3.944.562 e nel 1775 passò a 4.300.000 abitanti.
Nel 1815 ritornarono i Borboni, dopo la dominazione francese, gli abitanti raggiunsero i 5.060.000, nel 1836, i 6.081.000 e dieci anni dopo gli 8.423.316 e nel 1859 i 9.117.000.
Questo vertiginoso aumento della popolazione è dovuto al benessere e al progresso civile e sociale del buon governo dei Borboni. Nel meridione non si costruivano strade dai tempi dei romani e i vicerè spagnoli imponevano tasse e balzelli vari ai sudditi, senza investire niente.
I Borboni incivilirono i nobili, diedero grande impulso all’agricoltura e migliorarono l’economia del territorio e da ultima regione divenne la prima d’Italia e tra le prime del mondo.
Nel 1837 arrivò il gas per l’illuminazione delle strade e nel 1852 il telegrafo elettrico che portò nuovo sviluppo, primo in Italia, e mise ordine nell’amministrazione statale, la scuola pubblica fu prioritaria, mentre quella religiosa rimase da supporto.
Fiorirono pittori, architetti, scultori, maestri di musica e l’artigianato. Il teatro San Carlo, costruito in 270 giorni, il primo in Italia e nel mondo e la corrente culturale generata, fece nascere: l’officina dei papiri, il museo Archeologico, l’orto botanico, l’osservatorio Astronomico, l’osservatorio sismologico vesuviano e la biblioteca nazionale.
In questi venti anni, lo sviluppo industriale fu travolgente e fece nascere primati impensabili sia nel settore del tessile (la grande seteria di Pietrarsa) sia in quello metalmeccanico (Mongiana), dove il numero di impiegati, nel 1860, raggiungevano complessivamente quasi i cinque milioni di unità.
Le città più popolate nel 1860 erano Napoli con 447.063, teneva il primato in Italia, Torino con appena 204.616, Milano con 196.109, Palermo con 194.463 e Messina con 103.324, ora come si spiega che tutto questo dopo l’occupazione e la relativa colonizzazione cambia inesorabilmente?
Se non è un disegno politico ben definito, sia della destra storica che della sinistra storica che hanno avvantaggiato solo ed esclusivamente il nord, cancellando al sud, la nostra storia e la nostra dignità?.
Riportando nei testi scolastici solo l’operato dei briganti che con il passare degli anni sono diventati solo ed esclusivamente mafiosi gestiti dalla politica nazionale?
Perché gli oppositori al regime fascista diventano eroi e capi di governo osannati da tutti, mentre gli oppositori al regime Savoiardo sono solo briganti e cancellati dalla storia dei vincitori per non essere ricordati? Dove sono finiti tutti i lavoratori del regno duo Siciliano (allora oltre i cinque milioni) con tutte le imprese che si erano sviluppate nel regno?
Certo, come gli Armeni dovevamo essere trasferiti in qualche isolotto sperduto del mondo, per non fare più ritorno a casa, ma grazie a Dio in Europa esistevano popoli più onesti e dignitosi degli Italiani del nord che si sono rifiutati di fornire navi e mezzi di trasporto di esseri umani da abbandonare nei deserti sperduti del mondo?
Ogni eccellenza meridionale è sparita nel nulla e i nordisti continuano a sostenere che si sono impegnati nella lotta contro la mafia, per diminuire il divario nord sud, creato da loro e mantenuto a caro prezzo?
Il divario sono riusciti ad aumentarlo perché è stato facile per un popolo colonizzatore che non ha lasciato al popolo colonizzato il minimo spazio per operare serenamente, peggio dell’ultima fase della colonizzazione inglese, in Africa ed India.
Grazie alla cultura meridionale impegnata a coltivare il proprio orticello e vivere delle bricioli che erroneamente ci vengono lasciati dai bravi nordisti, non daremo nessun fastidio ai popoli del nord che pedissequamente vengono a liberarci dai tiranni.
Con quanto spirito di abnegazione ci hanno liberato dai Borboni, mettendo come sindaci o prefetti tutti i delinquenti dell’epoca, o dopo la fine della seconda guerra mondiale, gli americani ricopiano la stessa operazione per non perdere i contatti con la mafia alimentata e sostenuta da loro stessi.
In quest’ultima occasione, sono venuti a liberarci oltre i partigiani, gli americani, i francesi e gli inglesi con le truppe marocchine sparse per le belle contrade dell’Italia del sud, chi ha provocato più danni, non lo vogliamo dire o no lo possiamo dire.
Non credendo più alla Divina Provvidenza di Manzoniana memoria (Manzoni con il Carducci e il Pascoli sono i più bugiardi e falsi poeti dell’epoca), a noi non resta che piangere e attendere la volontà dell’onnipotente, molto più credibile e sicuramente più serio del falso Manzoni e di tutta la cristianità Manzoniana.
Fonte: “I Savoia e il sangue del sud” di Antonino Ciano
Più volte ne avevo avuto il sospetto in passato. Adesso ne ho la certezza. Luigi Maganuco è il redattore del «Quotidiano» incaricato di fingere la propria adesione al mondo filo-borbonico per poterlo meglio sbertucciare. A parte il Ciano-fonte tutti sanno infatti che Croce (Storia del Regno di Napoli, Bari, Laterza, 1966, pp. 5-6) ricordava come Jacob Burckhardt, e non lui, avesse indicato come modello dello «Stato opera-d’arte» il regno normanno-svevo del XIII secolo che aveva il suo centro in Sicilia: nulla a che fare con il Regno delle Due Sicilie sorto sei secoli dopo con capitale Napoli, cancellando proprio il Regno di Sicilia.
È solo uno sberleffo ovviamente entusiasmarsi per l’enorme aumento della popolazione del regno borbonico nell’arco di pochi anni, quando invece con un trucco da maghi di borgata si è solo sommata la popolazione siciliana, prima non conteggiata perchè la Sicilia i filo-borbonici preferiscono ignorarla, a quella dei domini peninsulari. I dati veri per questi ultimi sono: 1836, abitanti 6.081.993; 1857, 6.872.151.
Ed è un ammiccamento furbesco scrivere che nel 1837 arrivò nel regno delle Due Sicilie «il gas per l’illuminazione delle strade» visto che in quell’anno si illuminarono solo i portici della basilica di S. Francesco di Paola a Napoli e che, ad eccezione di alcune vie della capitale, tutte le città meridionali per avere l’illuminazione a gas dovettero aspettare la nascita del Regno d’Italia. È una sanguinosa ironia parlare della rete stradale in Sicilia, perché nessuno ignora che nel 1861 metà dei comuni isolani non erano collegati da una strada carrozzabile. E non contiamo «la grande seteria (sic!) di Pietrarsa», il teatro San Carlo «primo in Italia e nel mondo» e le altre innumerevoli somaraggini per le quali l’articolo ricorda maliziosamente che la fonte è sempre lui, Antonino Ciano. E dunque bravo Maganuco, stavolta non posso non fargli i complimenti, ridicolizzare le sciocchezze di Ciano è davvero opera meritoria.