Gela. Le piattaforme Eni al largo della costa teramana potrebbero aprire la strada al pagamento dell’Ici anche su quelle delle multinazionale lungo le coste locali?
Il braccio di ferro Pineto-Eni. I giudici della sezione tributaria della Corte di cassazione si sono appena pronunciati sul ricorso presentato proprio dal comune di Pineto, in provincia di Teramo, dicendo in sostanza sì all’Ici sulle piattaforme. Eni si era opposta al pagamento delle cartelle, emesse per gli anni ricompresi tra 1993 e 1998 e relative a quattro piattaforme estrattive. Il no di Eni al pagamento aveva ottenuto i verdetti favorevoli sia della commissione provinciale tributaria di Teramo sia di quella regionale dell’Abruzzo. Così, l’avvocato Ferdinando D’Amario, lo stesso già nominato dalla giunta Messinese per portare in Cassazione il caso delle piattaforme Eni a Gela, ha scelto di rivolgersi ai giudici romani. Proprio la Cassazione ha ribaltato il verdetto delle commissioni tributarie, annullando con rinvio la decisione favorevole ad Eni. “Le piattaforme petrolifere – si legge nella sentenza – sono soggette ad Ici e sono classificabili nella categoria D/7, stante la riconducibilità delle stesse al concetto di immobile ai fini civili e fiscali, alla loro suscettibilità di accatastamento e a produrre un reddito proprio in quanto la redditività deve essere riferita allo svolgimento di attività imprenditoriale-industriale e non alla diretta produzione di un reddito da parte della struttura. “In mancanza direndita catastale – aggiungono i giudici – la base imponibile delle piattaforme, classificabili nella categoria D/7, è costituita dal valore di bilancio, cioè in base al valore costituito dall’ammontare, al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili”. Così, passa la linea portata avanti dall’ente comunale abruzzese e sarà una nuova sezione della commissione tributaria regionale a dover rivedere il caso. L’ente chiedeva ad Eni il pagamento di oltre venticinque milioni di euro.
La giunta mira ad incassare almeno tre milioni e mezzo di euro. La pronuncia arrivata dai giudici romani sembra ricalcare la posizione espressa dalla giunta Messinese già negli scorsi mesi. Il sindaco e l’assessore Fabrizio Morello hanno spinto per riaprire la procedura giudiziaria e arrivare in Cassazione.Sul piatto, c’è un introito possibile per le casse del Comune di almeno tre milioni e mezzo di euro. Tanto, infatti, dovrebbe versare il gruppo Eni per coprire i costi Ici dal 2003 al 2008, comprendendo anche quanto dovuto in relazione alle piattaforme del gruppo collocate lungo la costa. Sia la commissione tributaria provinciale di Caltanissetta sia quella regionale di Palermo, però, hanno accolto i ricorsi presentati dai legali di Eni ed Enimed.
La risposta di Eni. Davanti al verdetto di Cassazione, il gruppo Eni ha risposto con una nota ufficiale. “La sentenza della Corte di Cassazione interviene dopo che lalegge di Stabilità 2016 con la norma sui cosiddetti imbullonati ha escluso gli impianti, fra i quali rientrano ovviamente anche le piattaforme petrolifere, dal pagamento di Ici e Imu – si legge – questo intervento normativo, sollecitato da tutte le imprese d’Italia, che sostanzialmenteazzera dal 2016 gli effetti della recente pronuncia della Cassazione sulle piattaforme è altresì la dimostrazione della grande irrazionalità di applicare agli impianti produttivi le imposte concepite per i plusvalori immobiliari e per il finanziamento dei servizi locali”.