Gela. Non solo le mosse “poco avvedute” del sindaco Domenico Messinese, ma anche
un consiglio comunale non all’altezza.
“La politica è stata accantonata”. Paolo Cafà ritiene che sia oramai giunto il momento di restituire voce ai cittadini. L’ex assessore è tra i referenti locali di Liberi e Uguali, la sinistra che si è raggruppata intorno al presidente del Senato Pietro Grasso. “Per noi si tratta di un modo di gestire il governo della città ed i rapporti con la politica, completamente fuori dalla grazia di Dio. La crisi lampo sembrava essere nata tra gli scranni del consiglio comunale, con qualche consigliere disponibile ad acquisire visibilità e a non perseverare nella direzione della sfiducia – dice Cafà – il sindaco sembrava muoversi nella direzione di racimolare una pattuglia di consiglieri per evitare la sfiducia. Alla fine, la montagna ha partorito il topolino del non risultato e della politica improvvisata, perché parlare di giunta tecnica con assessori che la pubblica amministrazione non l’hanno vista neppure col binocolo, ci sembra esagerato! Un dato gravissimo emerge da questa brutta pagina, su cui occorre stendere un velo pietoso, che la politica è stata completamente accantonata. Il sindaco non ha condotto alcuna consultazione con i soggetti politici e le organizzazioni sociali, ma ha gestito in modo molto personale affari importanti che riguardano la vita dei cittadini”.
Per l’esponente della sinistra locale, anche il consiglio comunale non fa bella figura. “Un consiglio comunale altrettanto evanescente – continua – rissoso ed incapace di fare scelte chiare sulla sfiducia, ignaro dei gravissimi problemi che stanno facendo affondare la città. Una città che si spopola sempre più, la crisi economica conseguente alla vicenda raffineria ha impoverito il già debole tessuto economico e sociale. I servizi alla persona sono pressoché morti, la refezione scolastica balbetta, le strade della città sono piene di buche e sporche. Le compensazioni non compenseranno mai i torti ed i guasti subiti da questo territorio. I marittimi non avranno mai un porto. Noi pensiamo che sarebbe stato più serio chiudere al più presto sindacatura e consiliatura, ritornando al popolo, alle urne, bloccando questa lenta agonia”.