Gela. Almeno su un punto gli esponenti locali del Partito Democratico sembrano aver raggiunto l’intesa. Strano ma vero.
Due segretari del Pd verso il no. Il Pd, infatti, va compatto verso il no o comunque l’astensione al referendum del prossimo 17 aprile. “Ci sarà sicuramente un ampio richiamo alla libertà di coscienza – dice il segretario democratico Peppe Di Cristina – stoppare le attività di ricerca ed estrazione, però, significherebbe mettere in discussione buona parte del protocollo d’intesa di due anni fa. In questo caso, come faremo a salvaguardare l’occupazione? Credo, invece, che questo tipo di attività possa essere propedeutica ad un rilancio di altri settori come l’agricoltura e il turismo. Non si può pretendere di passare da un ciclo economico all’altro in pochi giorni”. Una linea sposata da Fabio Collorà, a sua volta neo segretario del partito. “Bisogna capire che la metà del protocollo d’intesa sugli investimenti di Eni in questo territorio – dice lo stesso Collorà – è comunque basato su attività di ricerca ed estrazione. A questo punto, mi verrebbe da dire che quello da seguire dovrebbe essere il modello della Norvegia. Chi ha mai tacciato il governo norvegese di essere contro la sostenibilità ambientale? Allo stesso tempo, però, proprio quella nazione fonda buona parte del suo sistema economico sulle trivellazioni e sulle attività di ricerca d’idrocarburi”. L’astensione al referendum di aprile viene confermata anche dal capogruppo del partito in aula consiliare Vincenzo Cirignotta. “Ritengo che la posizione sia chiara – ammette – peraltro, in queste ore, viene ribadita anche a livello nazionale”. Nel gruppo di centro sinistra, il Polo Civico è fermo nel sostenere il contenuto del protocollo d’intesa e, quindi, i progetti di Eni. Già negli scorsi giorni, Guido Siragusa ha chiesto una presa di posizione a tutti i consigleri della stessa area, di modo da scongiurare qualsiasi ipotesi di fermo degli investimenti della multinazionale.
I dubbi di Messinese. A sollevare dubbi sul contenuto del quesito referendario è, invece, il sindaco Domenico Messinese. “Sì o no al referendum? – spiega – non mi pare che sia una soluzione adatta. Allo stato attuale, propendo per il sì che fermerebbe i giacimenti alla scadenza delle concessioni in atto. Ma, credo, che il quesito sia posto in maniera fin troppo ideologica. E’ lo stesso errore che si commette quando si pone la questione raffineria tra pro e contro. Di certo, sono contrario a decreti che autorizzino le trivellazioni in ogni area ma è anche vero, come ribadito in più tavoli, che l’esito di questo referendum potrebbe incidere sulle strategie di Eni in quest’area”.
Grillini, Lista Musumeci e Udc contro le trivelle. Per il fermo delle attività di ricerca ed estrazione sono, invece, il Movimento 5 Stelle, la Lista Musumeci e l’Udc. Proprio i grillini stanno conducendo la campagna referendaria per il sì al referendum. “Nello Musumeci – dice il capogruppo Vincenzo Cascino – è stato tra gli anticipatori della campagna contro le trivellazioni. Io e il consigliere Anna Comandatore siamo decisamente contrari all’ulteriore sfruttamento del nostro mare e del nostro territorio che, peraltro, non garantiranno ricadute occupazionali certe”. Il quesito è chiaro, “volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?”. Il sì, quindi, bloccherebbe le attività alla scadenza delle concessioni già rilasciate. Nettamente contrario al blocco delle attività d’estrazione è il capogruppo di Un’Altra Gela Salvatore Sammito. “Si sta facendo troppa confusione – ammette – anche perché le attività di ricerca ed estrazione in mare già autorizzate rispettano comunque tutta la disciplina in materia. Spero proprio che non si raggiunga il quorum”. Adesso, il verdetto spetterà alle urne.