Il ferimento in centro e poi la ritorsione con gli spari, due a processo: Canotto non testimonia

 
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Gela. Una ritorsione a colpi di arma da fuoco. Una vicenda che venne ricostruita dagli investigatori e che risale ad otto anni fa, dopo il ferimento del quarantenne Gaetano Marino. Secondo i pm della procura, sarebbe stato proprio lui, seppur ricoverato in ospedale, a dare l’ordine di sparare contro l’abitazione della famiglia di Salvatore Noviziano, che intanto lo aveva appunto ferito in pieno centro storico, con una pistola. Insieme a Marino, è a processo il trentenne Andrea Romano. Aspetti che finirono nella maxi inchiesta “Stella cadente”. In settimana, davanti al collegio penale del tribunale, avrebbe dovuto testimoniare il collaboratore di giustizia Giovanni Canotto, che con le sue dichiarazioni diede elementi importanti. Si è però rifiutato di raggiungere la saletta del sito riservato dalla quale avrebbe dovuto rispondere alle domande. I giudici ne hanno preso atto. Ad ottobre dovrebbero essere formalizzate le conclusioni e non si esclude neppure la prescrizione. L’ipotesi avanzata è quella della minaccia, proprio per l’azione che portò agli spari verso l’abitazione del rivale.

Per la difesa degli imputati, sostenuta dal legale Francesco Enia, fin dall’inizio ci sarebbero state non poche divergenze nelle dichiarazioni rilasciate da Canotto agli investigatori. Anche per questa ragione, il giovane collaboratore era stato citato per testimoniare in videoconferenza. Per la presunta ritorsione sarebbero stati usati un fucile e una pistola.

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