Gela. “Proseguiamo i sit in lungo le strade fino a quando non arriveranno notizie anche dal ministero”.
I lavoratori dell’indotto che stanno presidiando le strade d’accesso alla fabbrica Eni e le principali direttrici viarie, oltre al Green Stream, confermano che la loro protesta non si ferma. Ai presidi è arrivato anche il documento varato dal consiglio comunale e che verrà esposto già oggi davanti al ministero nel corso della seduta straordinaria convocata dal presidente del consiglio Alessandra Ascia. I consiglieri si riuniscono davanti al ministero, in attesa che termini il vertice al quale prenderà parte anche l’amministrazione comunale. I presidi vengono mantenuti lungo la 117 bis Gela-Catania, sulla 115 Gela-Vittoria, ai varchi d’accesso della raffineria Eni di contrada Piana del Signore e davanti l’impianto Green Stream. “Non ci fidiamo di nessuno perché abbiamo avuto tanti precedenti dello stesso tipo e ci troviamo sempre punto e a capo – spiegano – noi siamo pronti ad inasprire la protesta. Non vogliamo ammortizzatori sociali, ci interessa solo ed esclusivamente il lavoro. Non vogliamo morire di assistenzialismo”. Nelle scorse ore, non sono mancate le riunioni improvvisate ai presidi tra operai e rappresentanti sindacali. La linea prevalente è quella di proseguire ad oltranza. “Ci fa piacere che la città abbia risposto con forza alla mobilitazione – dicono – ma, purtroppo, non può bastare”. Una delegazione di operai dovrebbe raggiungere Roma per partecipare al consiglio comunale convocato davanti alla sede del Ministero dello sviluppo economico. Cercano di fare quadrato nonostante la stanchezza di nove giorni di blocco. Lunedì sera, alla Regione, è stata raggiunta una prima intesa sulla proposta da inoltrare al ministero in vista di eventuali deroghe agli ammortizzatori sociali. 8 milioni di euro per coprire il 2016 a favore degli operai rimasti fuori al ciclo produttivo Eni, in attesa che la produzione riprenda. “Sono impegni troppo generici – ammettono ancora gli operai ai presidi – senza certezze chiare, soprattutto sul futuro del lavoro in città, non ci sarà modo di rimuovere i presidi”.