Gela. Due anni e sette mesi di reclusione, perché ritenuto responsabile di violenze e abusi sessuali sulla moglie. La decisione è stata emessa nei confronti di un operaio trentenne. Il giudice dell’udienza preliminare Silvia Passanisi, al termine del rito abbreviato, ha ritenuto fondate le contestazioni avanzate dai pm della procura. Il sostituto Mario Calabrese, nel corso della requisitoria, ha chiesto una condanna ancora più pesante, fino a sette anni, ridotta a quattro anni e otto mesi in relazione al rito abbreviato scelto dalla difesa. Il legale dell’imputato, l’avvocato Maurizio Scicolone, ha nuovamente messo in discussione la versione della moglie e dei pm che l’hanno sostenuta, ribadendo che non ci sarebbe stata alcuna violenza. L’operaio non avrebbe mai imposto rapporti sessuali alla consorte, contro la sua volontà. Secondo quanto spiegato dal legale, la denuncia sarebbe arrivata al culmine di un rapporto matrimoniale in crisi. Sono state prodotte conclusioni del tutto difformi rispetto a quanto sostenuto dall’accusa. Sotto esame sono finiti anche i referti ospedalieri che non avrebbero dato alcuna prova di ferite riconducibili a violenza fisica. La donna non si è costituita parte civile nel procedimento. Già in fase di indagine, lo stesso legale e l’avvocato Marzia Cammarata hanno effettuato indagini difensive, per acquisire elementi a favore dell’operaio.
Per la procura, però, le violenze e gli abusi sono stati confermati, anche da quanto sostenuto dalla vittima. Lo scorso anno, l’imputato venne arrestato e sottoposto a detenzione in carcere, anche se successivamente la misura venne revocata. Gli venivano contestati almeno tre diversi episodi. Il gup, nella lettura del dispositivo, ha riconosciuto le attenuanti e la difesa ha già preannunciato appello.