Gela. Quarantatré anni e un tumore superato. Oggi, Mariagrazia Italiano porta la sua storia personale, ma anche la propria esperienza, tra i pazienti oncologici dell’ospedale Vittorio Emanuele. Volontaria, con l’associazione Farc&C. Una scelta maturata mentre batteva la malattia e ritornava a vivere. “La mia storia inizia come tante, un’auto palpazione, un dubbio e la diagnosi immediata – racconta all’Ansa – carcinoma mammario. Da lì ho smesso di respirare, sono andata in apnea”. Sono stati mesi lunghissimi, quelli della malattia e del ciclo di cure, che l’hanno segnata, probabilmente aprendole le porte di una vita diversa, consapevole. “Giorni quasi tutti uguali, dal sapore dell’angoscia e del panico – ha spiegato ancora all’agenzia di stampa – ingoiati senza avvertirne il sapore. In ospedale, incontrai anche i volontari dell’associazione Farc&C, che offrono supporto a pazienti e famiglie. Ne ero incuriosita ma il cancro divorava ogni mio tentativo di relazione. Volevo stare sola. Non mi sentivo forte né una guerriera. Non ho combattuto eroicamente. Ho pianto tantissimo, chiesto ‘perché a me’, sbattuto la testa al muro. Poi ho deciso che dovevo dare un senso al dolore e trasformarlo in un inno alla vita”. La sua è la storia di chi ce l’ha fatta che, purtroppo, si sovrappone a quelle di tanti che il male ha invece stroncato. Dopo la fine del ciclo di cure, arriva la decisione di ritornare in reparto, ma come volontaria a sostegno dei pazienti.
Le iniziative a sostegno dei pazienti oncologici. “Ritornai così a ritrovare le volontarie di Farc&C, i miei capelli stavano crescendo e non vomitavo più – racconta ancora – rientrare nel reparto di oncologia, stranamente mi faceva sentire a casa. Attraversavo il corridoio e salutavo tutti pensando, caspita sono viva”. Nell’intervista rilasciata, la quarantatreenne ricorda tutte le iniziative dell’associazione, compreso il calendario, con foto che ritraggono le volontarie, tutte donne che hanno superato il male o che continuano a lottare. “È difficile per una donna dopo un tumore ritornare a guardarsi allo specchio. Il cancro ti deforma dentro e fuori – conclude – per questo tornare a truccarmi, a posare per un fotografo, per me era qualcosa di emozionante. Lo stilista Koscanio ci ha ospitate nel suo atelier di moda e lì, tra giochi e risate, è nato il calendario. Eravamo eccitatissime, complici nel giocare ad atteggiarci da modelle. Non erano solo scatti, erano grida di vita. Era come dire: ci sono, nonostante tutto, e mi piaccio anche! Credo che in quel pomeriggio surreale anche l’aria profumasse di speranza e di sogni!”.